Silver Spoon – Recensione Manga

di Regola Commenta

Oggi voglio raccontarvi di un manga e della storia (breve) che mi ha portato prima ad acquistarlo e poi a leggerlo, fino ad arrivare alla decisione di presentarvelo in maniera più o meno approfondita. Il manga in questione è Silver Spoon, di Hiromu Arakawa, autrice famosa in tutto il mondo per aver scritto Full Metal Alchemist.

 

Il primo impatto con questo manga non è stato dei migliori, non perchè non riconosca agli autori il diritto di reinventarsi e cambiare genere di storie come più gli aggrada (anzi, credo sia una delle qualità fondamentali di un vero autore), più che altro per quello che è il mio rapporto personale con l’opera principale di Arakawa, di cui non sono un fan. Quando venni, pertanto, a sapere che il suo nuovo manga parlava delle vicende riguardanti un istituto di agraria, non sono riuscito seriamente a prendere in considerazione di leggere Silver Spoon. Poi, a Lucca, allo stand Panini, me lo sono trovato davanti al prezzo di vendita promozionale (come accade spesso per il primo volume di molti manga), e  ho deciso di aggiungerlo alla lista delle cose da prendere… ho letto il volume durante il mio viaggio in treno tra Terni e L’Aquila, senza occhiali e quindi con estrema difficoltà.

 

Il motivo principale per cui non ho mai seguito con entusiasmo FMA dipende dallo stile narrativo e di caratterizzazione dei personaggi dell’autrice: proprio non riuscivo ad accettare tutti quei personaggi tipicamente shonen, sul quale l’autrice aveva sicuramente lavorato molto per renderli “fighi” per poi attribuirgli in modo iperbolico tratti demenziali. Dopo la lettura del primo volume di Silver Spoon, tuttavia, ho notato di riuscire ad apprezzare questo stile di character design se presentato in un ambiente e con una storia completamente differente. Il secondo ostacolo sarebbe stato vedere proprio che taglio e impostazione aveva l’autrice dato alla narrazione…

 

La storia: per motivi non chiari fin dall’inizio il protagonista Hachiken Yugo decide di iscriversi all‘Istituto Agrario di Yezo, situato nella zona più isolata e rurale dell’Hokkaido (l’isola più settentrionale del Giappone), dove in certi punti manca addirittura la copertura della linea per i telefoni cellulari. Appare questa una scelta molto strana da parte di Hachiken, i suoi voti erano sempre buoni (ma non eccelsi) e soprattutto non ha nessun interesse nella coltivazioni, negli allevamenti, e in tutto quello che riguarda quindi la produzione di cibo, a differenza di tutti i suoi compagni che invece hanno già deciso che strada percorrere nella loro vita. Ed è però così che Hachiken, tra ritmi di lavoro e studio massacranti, sveglia ad orari sempre più proibitivi, impara lentamente ad “assaporare” la vita in modo diverso… per poi, eventualmente, rinascere come persona e trovare la strada della sua vita.

Continuando la lettura, più per provare a me stesso la validità delle mie intuizioni che per vero interesse, sono riuscito a superare anche il secondo ostacolo. Il mio timore, nella lettura di Silver Spoon era di leggere un manga che contenesse un messaggio animalista fuoriluogo: non vi è niente del genere. Gli animali vengono trattati come tali, non vengono “personificati” come accade con quelli domestici, e sebbene amati e rispettati dai loro proprietari il loro “destino” non cambia: pertanto le galline che non fanno più uova vengono uccise, i maialini più piccoli trasformati in pancetta, gli animali da lavoro che non possono più svolgere il loro lavoro abbattuti… una visione a volte crudele della realtà, eppure, allo stesso tempo realistica e non costellata da inutili sentimentalismi. Chiudendo il primo volume ho avuto come l’impressione che l’autrice volesse mandare un messaggio ai milioni di persone che leggono i suoi manga, soprattutto a quelli che, vivendo in metropoli spesso non realizzano cosa sia necessario fare (e soprattutto come farlo) per trasformare i prodotti naturali nel cibo che arriva in tavola ogni giorno.

 

Ancora non ho deciso se proseguire con la lettura, certamente, la compagnia fornita dal primo volume durante quel noioso viaggio in treno è stata molto gradita. Penso sia una di quelle cose la cui lettura non vada presa troppo sul serio, un manga rilassante, leggero e senza pretese, indirizzato soprattutto agli appassionati di “slice of life“.

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