La Filosofia e Naruto

  • Questo topic ha 43 risposte, 14 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 10 anni, 6 mesi fa da Giga.
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  • #975451
    Kuriel
    Membro

    Non vedo l’ora tu faccia l’analisi di Kakashi, sempre se la farai 🙂

    #975471

    Un thread come questo ci voleva. Faccio i miei complimenti a Giga sia per lo sforzo, sia per la qualità delle analisi, tutte molto belle e approfondite, e sia per il tentativo di portare l’attenzione sugli aspetti filosofici del manga, che è ricchissimo di spunti di questo genere troppo spesso ignorati. Leggendo i vari post ho avuto la sensazione che dessero un ordine preciso ad alcune cose che, leggendo il manga, vengono percepite, intuite o capite, ma che per vari motivi non prendono la forma di pensieri strutturati: l’opera è vastissima e gli spunti di riflessione numerosissimi; la lettura è spezzettata, il che non aiuta; in più, la prospettiva di ogni singola persona è… una, con le sue limitatezze, e quindi il fatto che ne vengano offerte delle altre, attraverso degli argomenti così validi, non può fare altro che arricchire ed aiutare a strutturare meglio il proprio punto di vista.

    La discussione che può uscirne fuori è potenzialmente interessantissima, e non necessariamente inquadrata in una cornice filosofica. Per cui invito anche chi non è ferrato in materia (io stesso, a parte la filosofia che ho studiato alle superiori e qualche lettura qua e là legata ad interessi personali, non ho chissà quali conoscenze) a intervenire comunque, magari soffermandosi più sugli aspetti psicologici. Insomma, sarebbe un peccato se fosse un thread limitato a pochi e avesse pochi commenti.
    Inoltre sarebbe bello se intervenissero anche quelli a cui Naruto non piace granché, che sono quelli, verosimilmente, più lontani dai punti di vista proposti qui, e che quindi potrebbero ricevere un apporto ancora maggiore dalla discussione rispetto ad altri (anche offrirlo, ovviamente).
    Io penso che interverrò nel merito dei post più in là, quando saranno stati trattati tutti i personaggi. In questo modo, secondo me, non c’è il rischio che le discussioni (che saranno probabilmente lunghe e articolate) distolgano l’attenzione dalle analisi che vengono proposte di volta in volta.

    L’unico appunto che ti farei, rispetto ad un metodo di analisi che per il resto mi sembra ineccepibile (del merito, come detto, se ne discuterà più in là), riguarda i collegamenti tra i personaggi e le correnti filosofiche: se alcune volte si stabiliscono quasi in automatico, o comunque si rivelano estremamente calzanti, rappresentando un interessante valore aggiunto per l’analisi, in altri casi rischiano di essere un po’ forzati, non avendo il personaggio delle caratteristiche così peculiari da ricondurlo ad una delle correnti filosofiche classiche.

    Per il resto, considerando quanto sono ben fatti questi approfondimenti, se fossi qualcuno dello staff prenderei seriamente in considerazione l’ipotesi di metterne nel blog uno ogni settimana. Anzi va’, mi sa che ora mando un MP a qualcuno e ti faccio un po’ di pubblicità 😀

    #975487
    Giga
    Partecipante

    Un thread come questo ci voleva. Faccio i miei complimenti a Giga sia per lo sforzo, sia per la qualità delle analisi, tutte molto belle e approfondite, e sia per il tentativo di portare l’attenzione sugli aspetti filosofici del manga, che è ricchissimo di spunti di questo genere troppo spesso ignorati. Leggendo i vari post ho avuto la sensazione che dessero un ordine preciso ad alcune cose che, leggendo il manga, vengono percepite, intuite o capite, ma che per vari motivi non prendono la forma di pensieri strutturati: l’opera è vastissima e gli spunti di riflessione numerosissimi; la lettura è spezzettata, il che non aiuta; in più, la prospettiva di ogni singola persona è… una, con le sue limitatezze, e quindi il fatto che ne vengano offerte delle altre, attraverso degli argomenti così validi, non può fare altro che arricchire ed aiutare a strutturare meglio il proprio punto di vista.

    La discussione che può uscirne fuori è potenzialmente interessantissima, e non necessariamente inquadrata in una cornice filosofica. Per cui invito anche chi non è ferrato in materia (io stesso, a parte la filosofia che ho studiato alle superiori e qualche lettura qua e là legata ad interessi personali, non ho chissà quali conoscenze) a intervenire comunque, magari soffermandosi più sugli aspetti psicologici. Insomma, sarebbe un peccato se fosse un thread limitato a pochi e avesse pochi commenti.
    Inoltre sarebbe bello se intervenissero anche quelli a cui Naruto non piace granché, che sono quelli, verosimilmente, più lontani dai punti di vista proposti qui, e che quindi potrebbero ricevere un apporto ancora maggiore dalla discussione rispetto ad altri (anche offrirlo, ovviamente).
    Io penso che interverrò nel merito dei post più in là, quando saranno stati trattati tutti i personaggi. In questo modo, secondo me, non c’è il rischio che le discussioni (che saranno probabilmente lunghe e articolate) distolgano l’attenzione dalle analisi che vengono proposte di volta in volta.

    L’unico appunto che ti farei, rispetto ad un metodo di analisi che per il resto mi sembra ineccepibile (del merito, come detto, se ne discuterà più in là), riguarda i collegamenti tra i personaggi e le correnti filosofiche: se alcune volte si stabiliscono quasi in automatico, o comunque si rivelano estremamente calzanti, rappresentando un interessante valore aggiunto per l’analisi, in altri casi rischiano di essere un po’ forzati, non avendo il personaggio delle caratteristiche così peculiari da ricondurlo ad una delle correnti filosofiche classiche.

    Per il resto, considerando quanto sono ben fatti questi approfondimenti, se fossi qualcuno dello staff prenderei seriamente in considerazione l’ipotesi di metterne nel blog uno ogni settimana. Anzi va’, mi sa che ora mando un MP a qualcuno e ti faccio un po’ di pubblicità 😀

    Ahahah, già provato, non ha funzionato xD grazie comunque ^^

    #975491
    bluclaudino
    Partecipante

    Ahahah, già provato, non ha funzionato xD grazie comunque ^^

    Hai semplicemente chiesto alla persona sbagliata (me) :asd:

    #975497
    Giga
    Partecipante

    Hai semplicemente chiesto alla persona sbagliata (me) :asd:

    Ahahaha 😀

    PS: Penso che quando scriverai di Obito ci saranno belle lotte teoriche tra me e te xD

    ———- Post added 07-07-2013 at 01:17 ———- Previous post was 06-07-2013 at 23:57 ———-

    NEJI HYUGA

    un individuo, come Sasuke, che ha subito le forte pressioni sociali, ma, a differenza di Sasuke, egli ha dovuto essere sempre consapevole di una cosa: la sua inferiorità nel rispetto della casa principale. Ciò che infatti gli instillavano fin da piccolo era il concetto che la sua esistenza avesse senso solo quando egli avesse potuto sacrificarla per proteggere qualcun’altro. E’ un idea che gli rimarrà sempre presente, fino all’ultimo momento. Tuttavia egli lotta contro questa convinzione, la sua identità individuale si scontra in tutti i modi con questo: ed è , come palesato da Naruto stesso, questo il motivo per cui si accanisce contro Hinata. Egli crede al DETERMINISMO, cioè al fatto che ognuno di noi nasca con un determinato destino che è portato a compiere fino alla fine, qualsiasi siano gli sforzi per cui tu possa combatterlo.

    Arriva lo scontro con Naruto, che gli dimostra come il destino possa essere cambiato, e Neji perde. Ma l’Io-Neji in realtà vince: egli ora crede veramente che proteggere il Clan e Konoha sia qualcosa che non debba essere imposto dalla società e fatto solo per inerzia o costrizione – come Neji faceva prima dello scontro/incontro con Naruto – ma piuttosto una missione per cui lottare. Neji crede che le sue azioni possano veramente cambiare il corso di un destino già segnato, che è poi quello di tutti i ninja: uomini e donne che combattono per decisioni esterne a loro uccidendosi a vicenda con jutsu sempre più elaborati. Ma Neji no, decide di sua spontanea volontà cosa sia giusto da fare e cosa sia giusto da proteggere (diventando sempre più legato ad Hinata). Questa è la sua più grande illusione.

    Neji, fino alla fine, non ha fatto altro che ciò che gli era stata insegnato e inculcato, e qua sta la vera tragicità del personaggio. Vedete, secondo la psicologia e l’antropologia e numerose altre scienze sociali, le regole del potere sono insegnate fin dalla più tenera età. le figure parentali non rappresentano altro che le figure esterne che avremo nella vita, con il cui potere dovremo coesistere. La capacità di una struttura sociale di farci accettare volontariamente il suo potere a noi esterno e che possa dettare le nostre azioni, o limitarle, è detto . Lo Stato, la religione, la famiglia: sono tutti mondi in cui ci è esercitato il potere coercitivo. E la più grande forma di potere coercitivo è quello appunto latente, cioè di cui noi non siamo conoscenti: sapete dirmi perché, per cui, al di là della questione economica, ritenete giusto il motivo per cui non si debba rubare? Perché, nella maggiorparte di noi, certe azioni contro lo Stato o la famiglia o l’individuo sono considerate amorali? E’ il potere coercitivo che ha questo capacità su di noi: farci interiorizzare determinati comportamenti e credere che il loro contrario sia amorale a priori. Il punto a cui voglio arrivare è questo: la famiglia è il primo luogo in cui noi impariamo a stare sotto a determinate regole e a interiorizzarle. Qual è il primo luogo in cui Neji ha interiorizzato certi atteggiamenti e quali sono gli atteggiamenti da lui memorizzati? il Clan, il proteggere il Clan.

    Ecco che allora, paradossamente, Neji non è mai uscito dalla gabbia perchè fino alla fine ha seguito il suo destino: morire per proteggere qualcun’altro. E, anche accettando che il suo gesto fosse del tutto volontario, ci dobbiamo chiedere da cosa dipenda la volontà di Neji di sacrificarsi per proteggere il ramo superiore, Hinata. Vogliamo essere veramente così ingenui da credere che nulla del suo sacrificio sia dovuto agli insegnamenti del Clan? Chiariamoci, non voglio sminuire la decisione del personaggio di morire per qualcun’altro, la sua capacità empatica verso il sacrificio del padre, ma è bene chiarire il messaggio, realistico quanto triste, che Kishimoto ci vuole lasciare: non si può sfuggire al destino che gli altri ci impongono, o meglio, non si può sfuggire al destino che la società ci impone. Il nostro posto nella società può essere da noi voluto, ma non siamo nulla senza ciò che la società ci dice di fare. Perché noi siamo la società e siamo allo stesso tempo vittime di essa, del destino che essa ci pone. Può essere un destino benevolo, come alla fine è quello di Naruto, o un destino che porta alla morte, come quello di Neji, ma alla fine rimane solo una cosa: il compimento di questo destino, del volere sociale. Noi non ci scorderemo della volontà di Neji, che è forte, ma dobbiamo anche essere consapevoli che è impossibile, o pur sperando, assai improbabile, poter sfuggire al destino che abbiamo interiorizzato dalla società. Il “bird in the cage” di Neji, libero, muore trafitto, perché ha deciso di volare e di proteggere ciò che gli era caro. Ma sarebbe morto anche nella gabbia: il risultato del destino sarebbe stato lo stesso, ma il viaggio verso questo diverso e forse più ricco per noi. Sfuggire dal nostro ruolo sociale è impossibile, ma il viaggio che possiamo fare noi nel frattempo della vita rimarrà unico: questo il – vero- messaggio dolceamaro di Kishimoto.

    #975571
    Kuriel
    Membro

    Dici bene per neji: messaggio dolce-amaro.
    Ritengo comunque che i lati positivi siano più di quelli negativi sulla sua storia. Come tu stesso dici, il fatto di poter scegliere in libertà cosa fare è il vero succo del discorso, neji sceglie alla fine di morire per salvare hinata (non sono lei come il suo discorso in punto di morte suggerisce) ma è una sua scelta che è stata si condizionata dal suo passato ma che da un senso al suo mondo ed alla sua vita, per lui, in essa lui trova la libertà ed è questo l’importante. Trova la libertà come suo padre l’aveva trovata prima di lui.
    E’ interessante chiedersi poi cosa avrebbe fatto neji se non ci fosse stato l’intervento di naruto. A mio avviso la sua “depressione” lo avrebbe portato alla morte molto prima di quanto non sia accaduto adesso. Neji aveva quindi un destino segnato? Sì e no. Tutti moriamo alla fine, ma quello che conta è cosa abbiamo fatto fino a quel punto. Il messaggio di kishimoto per me in fondo è un messaggio positivo. Neji trova la serenità e comprende suo padre. Come dice Jiraiya, la vita di un ninja si valuta nel momento della morte, cosa fa’ prima di morire.
    In questo caso è il viaggio che fa’ la differenza e che lo ha portato a questa morte.

    #975698
    Kuriel
    Membro

    Quale sarà il prossimo personaggio che farai se posso chiedere? 🙂

    #975728
    bluclaudino
    Partecipante

    Più che determinista, ovvero uno che crede nel fato che agisce ma per una causa (che sia buona o giusta, il che prevede un dio onniscente ecc..), Neji credo che nella prima parte del manga sia fatalista, qualcuno che si lascia trasportare dalla corrente senza opporre la minima resistenza poichè il fato è ineluttabile, incontrastabile e caotico nella sua minuziosa e spietata programmazione.

    In soldoni la differenza è questa: quel Neji non ce lo vedo a guardare al futuro come se possa conservare speranze, sogni, non ce lo vedo a “pregare” perchè qualcosa accada; ce lo vedo invece a subire passivamente e senza il minimo trasporto :sisi:

    In tal senso però Neji ha abbandonato questa via eccome, e da tempo, è uscito dalla gabbia delle “necessità” (proteggere il Clan ed Hinata) ed ha abbracciato lo spazio delle “possibilità” (scegliere chi proteggere e per cosa battersi in base a ciò che il momento richiede).
    Il fatto che la sua scelta coincida con quella per cui era predestinato non toglie legittimità al fatto che una scelta l’ha dovuta compiere ed abbia dovuto abbracciarla, con convinzione, abbandonando l’idea che fosse il fato a muovere i passi per lui :sisi: Ergo anche l’induzione di un pensiero “di massa” (o coercitivo) per me è venuto meno nel momento in cui ha ampliato i suoi orizzonti dal Clan al Villaggio, cosa accaduta quando ha scoperto che anche suo padre ha potuto scegliere, e l’ha fatto abbracciando quel destino che gli era stato imposto ma che in qualche modo avrebbe anche potuto evitare.

    Come Neji avrebbe potuto delegare il sacrificio di proteggere Naruto ed Hinata così Hizashi avrebbe potuto lasciare che il fratello ed il Villaggio si lanciassero in una guerra tra paesi, hanno scelto entrambe differentemente ed la scelta che trasforma un’azione dovuta in un’azione voluta.

    #975733
    Giga
    Partecipante

    Più che determinista, ovvero uno che crede nel fato che agisce ma per una causa (che sia buona o giusta, il che prevede un dio onniscente ecc..), Neji credo che nella prima parte del manga sia fatalista, qualcuno che si lascia trasportare dalla corrente senza opporre la minima resistenza poichè il fato è ineluttabile, incontrastabile e caotico nella sua minuziosa e spietata programmazione.

    In soldoni la differenza è questa: quel Neji non ce lo vedo a guardare al futuro come se possa conservare speranze, sogni, non ce lo vedo a “pregare” perchè qualcosa accada; ce lo vedo invece a subire passivamente e senza il minimo trasporto :sisi:

    In tal senso però Neji ha abbandonato questa via eccome, e da tempo, è uscito dalla gabbia delle “necessità” (proteggere il Clan ed Hinata) ed ha abbracciato lo spazio delle “possibilità” (scegliere chi proteggere e per cosa battersi in base a ciò che il momento richiede).
    Il fatto che la sua scelta coincida con quella per cui era predestinato non toglie legittimità al fatto che una scelta l’ha dovuta compiere ed abbia dovuto abbracciarla, con convinzione, abbandonando l’idea che fosse il fato a muovere i passi per lui :sisi: Ergo anche l’induzione di un pensiero “di massa” (o coercitivo) per me è venuto meno nel momento in cui ha ampliato i suoi orizzonti dal Clan al Villaggio, cosa accaduta quando ha scoperto che anche suo padre ha potuto scegliere, e l’ha fatto abbracciando quel destino che gli era stato imposto ma che in qualche modo avrebbe anche potuto evitare.

    Come Neji avrebbe potuto delegare il sacrificio di proteggere Naruto ed Hinata così Hizashi avrebbe potuto lasciare che il fratello ed il Villaggio si lanciassero in una guerra tra paesi, hanno scelto entrambe differentemente ed la scelta che trasforma un’azione dovuta in un’azione voluta.

    Sono d’accordo, ma penso sia difficile capire o meglio definire il limite tra l’azione voluta di Neji, cioè quello che sentiva da sè, e quello che la società ha fatto in modo che egli sentisse. Spesso capita che ciò che noi pensiamo sia giusto è ciò che è diventato per noi giusto solo in base all’insegnamento altrui; in pratica, è difficile definire dove finisce la volontà propria e quella imposta.

    #975741
    bluclaudino
    Partecipante

    Sono d’accordo, ma penso sia difficile capire o meglio definire il limite tra l’azione voluta di Neji, cioè quello che sentiva da sè, e quello che la società ha fatto in modo che egli sentisse. Spesso capita che ciò che noi pensiamo sia giusto è ciò che è diventato per noi giusto solo in base all’insegnamento altrui; in pratica, è difficile definire dove finisce la volontà propria e quella imposta.

    Se fosse ancora soggetto al vento del destino e ci si lasciasse ciondolare non avrebbero senso le sue lacrime dopo la rivelazione di Hizashi, la volontà di diventare un compagno di Hinata e non mettercisi al servizio, non avrebbe senso la cover dell’ultimo Volume mostrata in cui Neji è ritratto come un uccello libero, FUORI dalla “gabbia di braccia” del Juubi :sisi:

    #975743
    Giga
    Partecipante

    Se fosse ancora soggetto al vento del destino e ci si lasciasse ciondolare non avrebbero senso le sue lacrime dopo la rivelazione di Hizashi, la volontà di diventare un compagno di Hinata e non mettercisi al servizio, non avrebbe senso la cover dell’ultimo Volume mostrata in cui Neji è ritratto come un uccello libero, FUORI dalla “gabbia di braccia” del Juubi :sisi:

    No, ma guarda: Neji era fuori dalla gabbia. Ma non vuol dire che fuori dalla gabbia non si sarebbe comportato come dentro le gabbia, questo volevo sottolineare 😉

    #976637
    Giga
    Partecipante

    Scusate ragazzi, le analisi torneranno il prima possibile, tempo di levarsi gli ultimi esami universitari 🙁

    Intanto vi dico l’iniziale del prossimo candidato… I. 😀

    #976638
    Piepz-
    Membro

    Itachi <3 <3 <3
    Dai aspettiamo questa bella analisi :sisi:

    #977088
    Redazione
    Amministratore del forum

    ottimo lavoro..ben fatto..continua così 😉

    #978125
    Giga
    Partecipante

    ITACHI

    Il conflitto tra responsabilità, tra legami affettivi e sociali, tra sentimenti e realtà di ciò che ti circonda. Secondo Eraclito, questa genera tutto, sia le nuove speranze che nuovi dolori, che porteranno ad altra guerra e poi ad altre vite. Itachi, consapevolmente, fa parte di questo ciclo e agisce seguendo ciò che in quel momento la sua guerra gli impone di fare. Infatti non possiamo che constatare che, paradossalmente con il sangue versato da Itachi, Kishimoto, mostra il lato più nobile della ricerca per la pace e la realistica impossibilità di slegarla dalla guerra e dal conflitto. L’equilibrio della pace è da trovarsi negli esiti dei conflitti, che concede a tutti nuove posizioni sociali. Un reset delle proprie famiglie, come Itachi ha deciso di fare. Ma è meglio affrontare in ordine cronologico la figura di Itachi.

    Itachi lo conosciamo al terzo capitolo del manga, senza nemmeno sapere il suo nome. E’ una figura di cui vendicarsi, che ha distrutto la vita di Sasuke. Itachi è distruzione e simbolo dei legami che non ci sono più. Non solo rompe i passati, ma spinge Sasuke a rompere i legami presenti: uccidi il tuo migliore amico per arrivare a me. Nel corso del manga abbiamo scoperto come sia la morte della persona più cara a influenzare l’attivazione dell’MS…allora perché Itachi dice proprio il tuo migliore amico? Da una parte indubbiamente, era il legame che probabilmente si sarebbe subito attivato dopo la dipartita del Clan. Tuttavia avrebbe potuto dire: uccidi chi ami, uccidi la tua ragazza; o tanto altro. Uccidere il migliore amico significa uccidere definitivamente tutto ciò che Sasuke ha amato del fratello: la complicità. E Itachi vuole che questo accada perché egli stesso diventi solo un ombra di ciò che era stato, un orribile menzogna.

    E’ ancora qui che si palese la mentalità da conflitto di Itachi: egli continua a vedere la sua esistenza secondo una scacchiera militare che egli stessi si è costruito. Cioè, la capacità di Itachi di pensarsi come pedina di sé stesso, è qualcosa che egli ha acquisito nel corso della Terza Grande Guerra Ninja, dove molti suoi concittadini morivano uno dopo l’altro. Per Itachi la vita è guerra e come tale deve essere gestita: ecco perché sacrifica sé stesso uccidendo l’intero Clan. Non è solo il desiderio della pace a spingere Itachi a compiere il gesto, ma anche la consapevolezza che è solo tramite il conflitto, che sia tra bene o male o altro, che la pace può essere raggiunta. Quando Danzo presenta davanti ad Itachi le due scelte della statue, l’Uchiha non esita a scegliere la via della sofferenza, cioè quelle che egli ritiene l’unica possibile.

    Sasuke compie il suo destino fino in fondo: fa in modo che Itachi muoia davanti a lui. Questo diventa paradossalmente il suo più grande errore: impostando la propria intera vita su una concezione di guerra e di strategia, l’assenza del generale che impartisce gli ordini, in questo caso Itachi, non può provocare che insubordinazione da parte del soldato, Sasuke. Che decide appunto di distruggere Konoha. L’escalation di Obito e Sasuke, lo scontro contro Danzo e l’incontro con Naruto portano Sasuke via dalla strada che Itachi aveva intrapeso. Ma poi arriva l’Edo-Tensei Jutsu e le strategie cambiano. Con una enorme differenza: Itachi non sente più il peso della responsabilità della guerra come conflitto. Quando Itachi “chiede aiuto” a Naruto, quando gli affida Sasuke, quando decide di sconfiggere Kabuto con l’aiuto di Sasuke, quando decide di aiutare Kabuto, Itachi è già cambiato: non ritiene più la realtà alla pari di una scacchiera militare o di un gioco di guerra tra identità. Riesce a liberarsi della responsabilità di un intero Clan e allo stesso tempo prova a parlare con Kabuto. Tra i due ciò che è infatti è in comune è la desolazione della guerra e la distruzione che porta all’Io delle persone; con Itachi ciò lo porta quasi ad agire come se fosse la guerra stessa, con Kabuto lo porta ad odiare sè stesso, cercando qualcos’altro.

    Ed ecco che arriva l’ultima frase di Itachi e il suo mostrare la verità: Io ti amerò per sempre. Itachi ammette di aver sbagliato a cercare un percorso per Sasuke e lo lascia fare, dandogli fiducia. La paura che Itachi aveva della possibilità che il mondo ritornasse ad essere conflitto e quindi la sentita responsabilità di fare in modo in prima linea che ciò non accadesse sono scomparsi con la sua stessa vita. Il vero Itachi ritorna solo per poco sotto forma di Edo-Tensei ed è proprio quello che lascia più il marchio a Sasuke. In definitiva, non mi sento di collegare Itachi a qualche filosofia in particolare, perché la sua particolarità sta in altro: Itachi non è un eroe, ma è un SOLDATO CHE HA DATO LA PROPRIA VITA NELLA GUERRA DELLA PROPRIA VITA E DEL PROPRIO CLAN. Probabilmente, se fosse sopravvissuto nel mondo post-Juubito, sarebbe cambiato e sarebbe rimasto legato a concezioni di paura delle guerra e non di comprensione. Perché l’unico e il più grande limite di Itachi era quello di pensare agli altri in un ottica di prevenzione e non di avvicinamento; egli preferiva tenere all’oscuro Sasuke che renderlo partecipe di tutto. Così si chiude un ravveduto Itachi/ Edo Tensei, che si lascia definitivamente il conflitto della propria vita alle spalle.
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