Sì, lo so, era da tanto che non mi mettevo a scrivere una cosa del genere. Il fatto è che, dopo la partenza iniziale, ci sono stati una serie di problemi in corsa che mi hanno fatto abbandonare i progetti degli articoli a cui volevo lavorare. Ma ora che non traduco più One Piece, posso dedicare quella parte di tempo per scrivere, come avevo promesso tempo fa. E allora, ecco a voi, per celebrare il ritorno di questa rubrica, la trattazione di quello che, secondo me, è il migliore shounen di sempre. Buona lettura, gente.
Oggi vorrei parlarvi di un manga che, per quanto mi riguarda, è il miglior shounen di sempre, nonché il mio manga preferito in assoluto! Sto parlando di Ushio & Tora (il primo nome si pronuncia Uscìo, con l’accento tonico sulla “i”), del maestro Kazuhiro Fujita.
Cos’ha di tanto particolare questo manga? Molte cose: una trama che, sebbene all’inizio sembri molto lineare, si rivela, pian piano, ricca di colpi di scena e cambiamenti; personaggi che non sono semplicemente buoni o cattivi, ma mutevoli, come sono davvero gli esseri umani, e a volte è difficile distinguere tra alleati e nemici; un disegno che, a mio parere, risulta caratteristico e fuori dagli schemi classici del manga giapponese; infine una capacità narrativa veloce, facile da seguire, ma non per questo banale e, anzi, molto profonda.
Ma veniamo con ordine alla descrizione di questo manga.
La Trama: Ushio Aotsuki è un giovane studente delle medie (il tipico ragazzino vivace e un po’ tonto) che vive con il padre Shigure nel monastero buddista che lo stesso amministra quale monaco della confessione Kouhamei. La vita del ragazzino subisce un drastico cambiamento quando, sistemando la cantina del monastero, Ushio si imbatte in qualcosa di fantastico e terribile al tempo stesso: attaccato alla parete dell’enorme stanzone sotterraneo, vi è un mostro somigliante ad una tigre antropomorfa (il cui nome è Saltalungo) bloccato da una lancia che ne trafigge una spalla. Ushio sarebbe tentato di lasciarlo lì, ma l’apertura della cella del mostro ha richiamato migliaia di mostri inferiori attirati dall’aura maligna di Saltalungo. Questi propone un patto ad Ushio: se lo libera dalla sua prigionia che dura da 500 anni, lo aiuterà a distruggere i piccoli mostri. Ushio si fida, ma appena libero Saltalungo cerca di mangiarselo: e qui avviene la trasformazione. Impugnata la lancia (la Lancia della Bestia) ad Ushio crescono i capelli e le unghie (tanto che egli stesso pare un essere mostruoso) e, posseduto dall’arma, il giovane riesce a tenere testa all’entità appena liberata e così a convincerla ad aiutarlo. Da questo momento in poi, Ushio dovrà fare i conti con svariate situazioni: il mostro Saltalungo, ribattezzato Tora (che significa tigre in giapponese) da Ushio, che vuole mangiarselo e gli sta sempre attaccato; svariati esseri che il nostro comincia a vedere e che combatterà con l’aiuto della lancia della Bestia; la sua stessa condizione mostruosa che andrà via via peggiorando, man mano che il ragazzo farà sempre più affidamento sui poteri dell’arma. Ma la storia non termina qui: presto Ushio scoprirà un’amara verità che riguarda lui, la sua famiglia e sua madre in particolare; dovrà affrontare non solo mostri di ogni genere, ma anche i monaci della confessione Kouhamei per il predominio della Lancia della Bestia; infine, scoprirà che tutte le vicende in cui è stato coinvolto, tutti i mostri affrontati e le persone conosciute, sono stati eventi fondamentali al fine di compiere il suo destino: distruggere la Maschera Bianca, il mostro più potente e terribile di tutti.
I personaggi: la caratterizzazione dei personaggi presenti a volte risulta stereotipata, altre volte, tuttavia, lascia completamente disorientati. Ushio è pensato come il tipico personaggio shounen: tontolone ma dal gran cuore; timido in generale, ma risoluto nelle situazioni difficili; conteso tra il desiderio di vivere una vita tranquilla e gettarsi nella mischia del combattimento pur di difendere gli altri a rischio della sua vita. Quando però impugna la lancia, accade qualcosa di particolare, che ci fa vedere il personaggio sotto un’ottica differente. Ushio si trasforma in una sorta di mostro, tuttavia non perché il suo cuore sia malvagio, o perché nasconda un demone dentro di lui. E’ la Lancia stessa, dotata di una forza sovrannaturale e di uno spirito omicida a conferire al nostro protagonista una caratterizzazione totalmente differente: è quasi come se, nel momento in cui i capelli del nostro eroe crescono, un altro personaggio, malvagio e differente dall’essere un suo lato oscuro, prenda il suo posto nella storia (situazione diversa da quella dell’Hollow dentro Ichigo Kurosaki, tanto per dirne una). Di tutt’altro tipo è la caratterizzazione del mostro Tora: in lui convivono una sorta di malvagità innata, mista a sentimenti umani (che pochissimi altri mostri, tra gli innumerevoli presenti nella storia, dimostrano di possedere) che lo rendono, a mio parere, il vero protagonista del manga. Tora è un antico mostro che ha vissuto su di sé le vicende di duemila anni di storia; è un bambino che, riportato in vita nel Giappone moderno, prova stupore per ogni singola invenzione con cui entra in contatto; è una creatura famigerata tra mostri e umani, e tuttavia, è anche nota per gesta eroiche compiute nella sua lunga carriera. Tora è, in sintesi, il perfetto antieroe: delineato come essere malvagio, col passare del tempo rivela sempre più sentimenti umani, fino a che, nelle parti finali della storia, non si ha una rivelazione (secondo me sconvolgente) sul legame di Tora con la lancia della Bestia e la Maschera Bianca.
E’ proprio il cattivo per eccellenza che, a mio parere, risulta il personaggio maggiormente accattivante: la Maschera Bianca è una volpe a Nove code (dove l’ho già visto questo mostro?) che imperversa sul mondo da oltre 3 millenni (la sua nascita coincide con la nascita del primo impero cinese, nel 1500 A.C.) e che da allora ha sempre portato devastazione nel mondo. Nel manga sono presenti, molto spesso, lunghi capitoli che riguardano il passato di questo mostro: durante questi flashback scopriamo, prima, le origini della Lancia della Bestia, poi quelle della Maschera Bianca e, infine, quelle di Tora. L’idea narrativa con cui questi tre personaggi sono collegati è davvero geniale: in un certo senso, ognuno dei tre è causa e conseguenza della nascita degli altri, una sorta di trinità mostruosa per cui, senza uno, gli altri non esisterebbero. E’ in questo stretto legame che si trova la forza dirompente della narrazione di questo manga: ad un certo punto, non si comprende più chi, come o cosa sia il buono o il cattivo, in quanto questi tre esseri provengono tutti dalla stessa “anima” e condividono sentimenti positivi e negativi nello stesso modo.
La grandezza di questo manga sta però nella scelta dei comprimari: non starò qui ad elencarli tutti, ci vorrebbe troppo, ma è interessante come Fujita riesca ad introdurre personaggi umani e mostri con la stessa facilità, caratterizzando al meglio ognuno di loro e dandone, in poche vignette, una descrizione accurata e chiara. Inoltre, il modo in cui questi personaggi si incastrano tra loro, al fine di condurre la storia al suo epilogo, risulta molto più corale di altre saghe ricche di personaggi (quali ad esempio Dragonball, o il più recente Shaman King – per altro bellissimo manga – in cui tutti i personaggi della storia riappaiono alla fine per “contribuire” alla chiusura della stessa): qui i vari comprimari vanno e vengono, appaiono e scompaiono, entrano in scena in momenti inaspettati e per motivazioni non banali, riuscendo sempre a ritagliarsi un loro ruolo concreto e non quello della semplice “guest-star” temporanea. In definitiva, c’è una coralità tale che ricorda la prima parte di Naruto o di storie quali “La Compagnia dell’Anello” di J.R.R.Tolkien; una maestria nel narrare i fatti e una abilità nella scrittura dei dialoghi che lascia davvero senza parole.
I disegni I disegni di questo manga mi hanno sempre colpito: abituato a tratti pressoché “standard” nei manga e negli anime degli anni ottanta e dei primi anni novanta, quando mi ritrovia per la prima volta questo manga tra le mani pensai: “e che è sta schifezza?“. Poi, però, col passare del tempo, ho iniziato ad apprezzare sempre più il tratto di Fujita: un disegno per niente morbido, eppure di impatto, lontano chilometri dalla ricerca della “bellezza” a tutti i costi delle protagoniste o dall’uso di immagini volutamente “impressionanti”. I mostri di Fujita rappresentano un capolavoro culturale: assolutamente fedeli agli originali della tradizione giapponese, sono definiti nei minimi particolari, dettagliati e carichi di una forza visiva (legata alla “durezza” del tratto di Fujita) che serve a distinguerli immediatamente dagli “esseri umani” che, a volte, essendo portatori di malvagità, vengono disegnati anch’essi in maniera spaventosa e truce. Ma la cosa che più colpisce del disegno è la profondità degli sguardi dei personaggi: Ushio, in particolare, ha due occhi che bucano le pagine e arrivano dritti fino al cuore, lasciando un segno profondo.
In conclusione Credo si sia capito quanto io sia profondamente legato a questo titolo. Non voglio dire che sia oggettivamente l’opera migliore mai creata fino ad oggi, ma spero almeno di avervi spinti a leggere questo manga che per me rappresenta la maturazione come manga-fan. Non starò a dilungarmi con altre osservazioni tecniche, ma voglio lasciarvi con quella che, credo, sia l’immagine più suggestiva di tutto il manga. Cercherò di non spoilerare, ma qualcosa devo pur dirla. Bene, verso la fine della storia, accade un fatto che mette all’angolo Ushio e Tora e quasi decreta la vittoria definitiva della Maschera Bianca. Tuttavia, grazie ad un particolare potere della Lancia, la situazione si capovolge. Tutto questo avviene circa a metà del terz’ultimo volume, quindi non è il gran finale della storia, ma rappresenta secondo me il momento clou delle vicende narrate dal manga: quando finalmente la situazione si rovescia e Ushio e Tora tornano nuovamente alla ribalta, in pochissime pagine Fujita fa percepire un senso di gioia, di sentimenti positivi, di amicizia e fratellanza tra tutti i personaggi, usando poche pagine (4) e pochissime immagini, prive di fronzoli e molto dirette. Ecco, ogni volta che arrivo a questa parte del manga… inizio a lacrimare copiosamente. Lo so, fa molto poco macho e molto “imbecille”, ma non ci posso fare niente: Ushio & Tora è un manga che mi ha colpito dritto al cuore, sin dalla prima lettura, e resterà, per me, sempre la più grande opera mai concepita da un mangaka.
Ci sentiamo alla prossima, gente… e vi auguro buona lettura!