LA LEGGENDA DI KUMOJIN – Parte 6

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    Zio Camillo
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    Tutto taceva nella piazza, tutto era silenzio e stupore. L’ombra scura che il grande stormo di uccelli aveva creato, oscurando il sole, era svanita, e la gente provenendo da ogni angolo della città, posando le armi a terra, avanzò verso il cuore di Akadawara, per stringersi ancora una volta, dopo anni, attorno al misterioso, prodigioso, Atazu.
    Shiguya non fu da meno, uscì dal grande Tempio, percorrendo la scalinata lentamente, poggiando i piedi uno dopo l’altro, senza fretta. La lunga veste bianca e dorata ondeggiava ad ogni passo, e il lungo bastone col quale si aiutava nel procedere, essendo Nagome vecchio e non più forte come nella giovinezza, produceva un sordo e regolare rumore sui gradini, unico suono oltre al soffiare del vento, in quegli istanti dilatati ed onirici.
    Il giovane Atazu abbassò le braccia, e strinse al suo petto il neonato, sua figlia, che, nonostante fosse nata da pochi minuti, non piangeva, ma dormiva beatamente e pacifica, come se fosse un sunto delle emozioni e delle ire spente ed estinte di tutti gli abitanti, che ormai si erano ripresi dallo stato di follia nel quale erano caduti, e che li aveva condotti alla barbarie. Molti, giungendo a pochi metri dal demone si abassastono, si chinarono, cadendo sulle ginocchia, a terra, per prostrarsi davanti a colui che senza apparente motivo, aveva compiuto quell’inaspettato quanto divino miracolo. Ma essi non conoscevano la natura di Atazu, non conoscevano i segreti del suo potere e delle evocazioni alla base della sua esistenza. Essi non sapevano del Regno di Atazeon. Una spiegazione più semplice, del tutto estranea a vaghi enti ultraterreni, si nascondeva dietro ogni cosa, ma ai loro occhi importava solamente quello che avevano visto, ossia il risorgere istantaneo dell’abbondanza di vita e di natura che un tempo circondava la loro città. Nessuno fiatò, nessuno commentò. Nel silenzio del loro intimo pensiero pregarono, e ringraziarono il fato, per averli perdonati e salvati dalla reciproca distruzione.
    Solo una voce, improvvisa, ruppe quella cristallina quiete di pace.

    “Gente, popolo di Akadawara, miei figli; fate bene ad inchinarvi a questo giovane, fate bene a rimanere stupefatti di tale prodigio.” disse Shiguya, giungendo a pochi passi da Atazu e sua figlia.

    Le persone alzarono il capo, per guardare e ascoltare il loro sovrano, la loro guida, sempre presente, come un messaggero del bene, quando gli eventi erano propizi. In quel preciso istante, giunse anche Kizue, aiutata da alcuni abitanti Kamome, che l’avevano lavata e curata dopo il parto. Traballante, ma contenta, la ragazza passò tra le persone, e si avvicinò ad Atazu, per baciare sulla fronte la sua bambina.

    “Kizue… gemma di Akadawara!” sorrise Shiguya. “Questa è figlia tua? Figlia tua e di Atazu?”

    “Sì.” Rispose semplicemente la giovane.

    Il vecchio Sacerdote si guardò attorno, osservando e scrutando le persone che l’avevano accompagnata, degni eredi dei Fondatori, persone dotate di una buona quantità di energia, che in altri tempi, futuri, sarebbero potute diventare ottimi shinobi. Li osservò, poi tornò a posare lo sguardo sui suoi sudditi chinati. Infine iniziò a parlare, pronunciando un discorso divenuto storico nella leggenda, conosciuto come il “Gioite figli”.
    “Gioite! Gioite figli, gioite per i vostri fratelli! Gioite per gli abitanti del ghetto, e per la loro prediletta Kizue, diventata una di loro. Imparate da loro, figli di Akadawara, imparate dal loro esempio. Imparate! Credevamo di aver distrutto ogni traccia degli esperimenti blasfemi dei Fondatori, pensavamo di aver cancellato le creature infernali che insozzavano le nostre campagne, pensavamo di aver vinto contro il subdolo piano corruttore di quei folli, eppure davanti a noi abbiamo questo evidente simbolo dei nostri errori! Delle nostre più assurde scempiaggini. Lui ci è apparso come un dono, come il tassello finale del magnifico e glorioso mosaico della nostra lotta contro il male. Il Demone redento, portentoso e amico di Akadawara. E proprio questo egli è, amico di noi uomini, o meglio… di loro. I Kamome!”
    La folla si stupì, il tono di Shiguya era cambiato, ed aveva osato pronunciare quella parola, usata sempre come dispregiativo; lui, carica suprema della città, e quindi padre anche dei cittadini più reietti.
    “Aprite gli occhi! Aprite gli occhi figli, aprite gli occhi sui vostri fratelli! Dalla caduta dei loro padri, mariti ed amici hanno sempre bramato il potere, e il ritornare sui loro troni. Hanno sempre minato la solidità della nostra città, tramato nell’ombra. Ed anche io non me ne sono reso conto, fino ad oggi fino a questo miracoloso DEMONIACO GIORNO! Sono stati loro, attendendo con pazienza satanica il momento giusto, a depauperare la nostra economia, la nostra vita, la nostra ricchezza, per poi utilizzare il loro Demone, che con l’inganno hanno introdotto in Akadawara, tra di noi. ATAZU! Hanno corrotto una nostra sorella, facendola diventare una di loro, l’hanno fatta copulare orrendamente, nel peccato e nella lussuria, con una creatura disumana e aliena, per procreare una progenie ibrida e bastarda! Per unirsi definitivamente a quella lorda specie demoniaca tanto amata e studiata dai loro idolatrati Fondatori! Hanno ricreato la ricchezza delle foreste con quell’infido potere per averla tutta per loro! Per rimpiazzarci, per schiavizzarci, per cancellarci, sostituendoci con la loro prole empia! Questa bambina è solo il primo, ne verranno altri, un esercito di mezzosangue ci caccerà e ci bandirà! Ribellatevi figli, ribellatevi ai vostri falsi fratelli! Io ve lo dico, io Shiguya Nagome, che grazie alla fede ho potuto vedere la verità dietro la menzogna! Quella ricchezza prodigiosa che questo essere vi ha mostrato col suo gioco di prestigio è pura illusione, è un mondo di perdizione e cupidigia pensato e progettato solo per loro! Tutto è stato progettato per loro, tutto! La rivolta, la carestia, ogni cosa! Loro sono i colpevoli del sangue sulle vostre mani, e dei vostri cari morti! Non abbiate timore o pietà di questa donna, ella è traviata, è perduta per sempre, è la prostituta del demonio! Lei incestuosa che ha accudito come un figlio l’uovo malvagio, e poi ha giaciuto con la carne e le piume!”

    “Tu sei un folle! Un folle, Shiguya! Ma cosa stai dicendo? PAZZO!” Kizue sbottò sconvolta ed arrabbiata, poi si avventò contro il Gran Sacerdote, afferrandogli il bavero della lunga candida veste. Ma quello si ritrasse con un ghigno, facendosi strattonare. Ormai il timore di venire eclissato dalle gesta di Atazu, il disgusto di vedere una creatura non umana innalzarsi ammirata tra il suo popolo lo avevano reso paranoico, e l’insania aveva fatto sacco della sua mente, portandolo a pronunciare, pensare e ideare quelle immonde parole.

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