Il rapporto tra cinema ed animazione (3) – La prima Disney

di Giga 1

Il mio primo approfondimento su komixjam riguardava il rapporto contrastato tra cinema ed animazione: due media che si sono incrociati e hanno litigato tra di loro molte volte durante il Novecento. Ed è proprio grazie all’iniziativa di Komixjam, Blogger per un giorno (a cui vi invito caldamente a partecipare), che sono qui a continuare l’approfondimento di questi due inaspettatamente legati media.

Quando si parla di Disney e del suo creatore, è molto difficile che non si vada incontro a forti critiche. C’è chi attacca l’antisemitismo di Walt Disney, chi i presunti messaggi subliminali presenti nei film, chi accusa la compagnia di aver creato nuovi stereotipi femminili anti-emancipazione  e tante altre cose. Rendendomi conto di star entrando in un terreno paludoso, vagliato da migliori prima di me, riguardo il rapporto tra il cinema e l’animazione una cosa è da riconoscere alla Disney: è riuscita a rendere l’animazione un fenomeno di massa. Se infatti mi avete seguito nei primi due approfondimenti, avrete notato come l’animazione fosse solo qualcosa di trasgressivo, tipico delle avanguardie o della satira politica. Con Disney no, l’animazione diventa un industria culturale, al pari di quella cinematografica. E ci riesce esattamente dal primo colpo, con il film Biancaneve e i sette nani:

Ma cosa ha permesso a Walt Disney di creare al primo colpo un cult dell’animazione occidentale, non è un solo fattore, ma piuttosto tanti che si presentano in 1 ora circa di film. Il primo è il più ovvio, il design e la tecnica d’animazione. Gli animatori della prima Diseny provenivano direttamente dalle più alte scuole grafiche degli Stati Uniti ed erano invitati da Walt Disney stesso a vedere più film possibile. Ciò che però era nelle intenzioni degli animatori era di tradurre il mondo di Biancaneve non dalla realtà, ma piuttosto dalle favole dei Fratelli Grimm, cercando di ricalcare in modo perfetto ciò che poteva essere l’immaginazione infantile. In questo modo, lo spettatore, che per la prima volta in assoluto, nel 1938, avrebbe visto questo incredibile film, pieno di colori (molti film giravano ancora in bianco e nero all’epoca) e di disegni dal sapore fiabesco che si muovevano, sarebbe stato investito da questi sensazioni nostalgiche, creando da sè “il mito della Disney”. Ciò che l’animazione Disney ha sempre fatto dall’inizio è basarsi sul passato, per rendere i propri film una tradizione della massa e del popolo, ma guardare sempre al futuro e alle avanguardie artistiche dell’epoca.

L’esempio più evidente è la scena in cui Biancaneve scappa nella foresta. Ogni animale o albero diventa maligno e rispecchia l’animo intrappolato di Biancaneve, che non può far altro che gridare nel panico, mentre la musica si fa più calzante.  Durante questa fuga, la scena diventa espressionista e riprende da ciò che era stata l’animazione poco prima per l’espressionismo tedesco, mostrando l’oscurità direttamente sugli esseri viventi. Ma alla fine, tutto torna colorato e tutto torna allegro, riprendendo l’atmosfera fiabesca del film. Con i film Disney magicamente si uniscono la tradizione e l’innovazione. Un altro fattore importantissimo è il sonoro, usato moltissimo e a ricalco dei musical all’interno del tutto film. Anche i personaggi e la storia sono uno dei punti di chiave vincenti dell’epoca, tra tradizione e innovazione, dove Biancaneve ricorda molto quella da lì a pochi anni sarebbe stata la figura della pin-up (ovviamente Biancaneve è più vestita), mentre la storia è decisamente tradizionale. Il film venne proiettato in anteprima al Carthay Circle Theatre il 21 dicembre 1937 e distribuito in tutti gli USA il 4 febbraio 1938.  Dopo la sua prima uscita (prima delle riedizioni) il film aveva incassato un totale di 8 milioni di dollari in tutto il mondo, un successo strepitoso per l’epoca, data l’inflazione. E nel 2008, settanta anni dopo circa, è stato eletto come miglior lungometraggio animato della storia. Bisogna però anche rivolgere, per inquadrare il successo del film, l’attenzione all‘epoca in cui fu rilasciato:

Gli anni trenta sono un periodo particolare di tutto il novecento. La prima guerra mondiale era già finita, ma il mondo, che era diventato tramite l’occhio del cinema in bianco e nero, sembrava stesse perdendo il suo colore definitivamente. In America assistiamo alla catena di montaggio degli esseri umani, tra la nascita del junk food e dello smog metropolitano, il tabacco sempre pià diffuso e i crescenti malumori della classe più bassa, tacciata come comunista. In Europa, comincia la Seconda Guerra Mondiale e Hitler attacca la Polonia. Non è un caso che quindi, quella che sarebbe stata poi definita la casa dei sogni, sia nata proprio in questo periodo. E non è un caso, che pur dopo altri successi ben riconosciuti come Pinocchio e Dumbo, fino all’abbandono di Walt Disney all’inizio degli anni sessanta, in quegli anni la Disney ha più successo: la gente aveva bisogno di sognare, e Walt Disney era riuscito a farli sognare. 

Commenti (1)

  1. Oltre a quanto ha fruttato il film, si sa anche quanto � costato? Giusto per avere un’idea su quanto fosse un affare continuare su quella strada.

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