Riflettori su… Medaka Box (2)

 

“Riflettori su…” è lo spazio adibito alla trattazione di anime e manga di successo, che si meritano pertanto un’analisi più complessa, quindi più lunga e difficile da sintetizzare in un solo appuntamento. In questa seconda parte comincerò ad analizzare per bene Medaka Box, ma consiglio a coloro che temono gli spoiler di tornare su queste mie trattazioni dopo aver letto il manga, perchè da questa seconda parte in poi elementi di questo genere fioriranno come ciliegi in primavera. (E non ho avuto neppure tempo di cancellare i testi dalle immagini, abbiate pietà.)

Come dicevo la volta scorsa, è mia intenzione trattare questo manga come “uno shonen che parla di shonen“, poichè indipendentemente da quella che può essere stata la ricezione del pubblico, i tanti elementi inseriti dall’autore Nisio Isin possono essere spunto per molteplici riflessioni. Tante volte, leggendo Medaka Box, si può avere l’impressione che i personaggi abbiano la consapevolezza di vivere in un manga: ho sempre pensato fosse qualcosa di voluto, per dare maggiore senso a determinati elementi della trama.

Il primo punto che voglio analizzare è la scelta di caratterizzare i personaggi includendoli in categorie le quali piuttosto che dare indicazioni su cosa essi sanno fare, indichi il modo in cui usano i loro poteri:

  • Normali, persone comuni senza particolari capacità, possono fallire per quanto si impegnino e non tendono a lasciare segno di se stessi nella storia. Zenkichi, il vero protagonista della storia è un Normale (sebbene acquisisca qualche capacità nel corso della storia).

  • Speciali, coloro che riescono pressochè in tutto, baciati dalla fortuna e quasi sempre vincenti, possiedono parecchie capacità non necessariamente sovrannaturali.

  • Anormali, coloro che possiedono una caratteristica portata all’estremo. I loro risultati in ogni attività danno luogo a risultati impossibili o imprevedibili (ogni volta che Medaka lancia dei dadi questi si impilano l’uno sull’altro, sempre). La maggior parte degli Anormali è ostile a Medaka nella prima parte della serie, e come viene dimostrato le loro abilità non hanno limiti reali, diventando tanto più efficaci e potenti più vengono usate: questo tipo di Anormali vengono definiti Plus.

  • Minus, un tipo di Anormali le cui abilità si sviluppano mano a mano che la loro psiche degenera, è come se essi vivano per corrompere e degradare tutto quello con cui vengono in contatto. Sebbene sia possibile per un Minus sviluppare un’abilità come un Plus (e viceversa) di media queste sono subdole e fastidiose da affrontare poichè queste persone ribaltano i rapporti di forza e distruggendo poco a poco le certezze dei loro avversari.

  • Non Uguali, è come vengono semplicemente definiti i personaggi non umani, di media Anormali.

Queste categorie avevano a mio avviso senso fino ai Minus, ho trovato l’inserimento nella classificazione (non il loro inserimento nella storia) dei Non Uguali superflua. Inserire diversi modi di agire ha permesso allo sceneggiatore di gestire gli scontri su vari livelli: ammesso e concesso che gli Anormali siano indubbiamente potenti, la loro forza non è un assoluto e anche un Normale (Zenkichi) può sconfiggerli perchè la forza del singolo si misura sotto vari aspetti. L’Anormale Munakata, la cui anormalità è il desiderio di uccidere, viene fermato da Zenkichi perchè come tutte le persone Normali questi è prudente e ha paura di morire; Akune batte Itami Koga, specializzata in forza fisica e rigenerazione, perchè come Speciale ha tante frecce al suo arco…. in pratica non ci sono assoluti, o meglio, l’unico assoluto è Medaka e la sua anormalità The End che la rende pressochè invincibile (ricordatevi bene quest’affermazione).

Il messaggio di Nisioisin è chiaro: nello shonen moderno c’è tanta attenzione sui rapporti di forza da quando Akira Toriyama inserì per la prima volta una quantificazione della forza spirituale, e allo stesso tempo di cerca di aggirare l’assoluta superiorità della maggiore quantità cambiando le regole del proprio shonen e inserendo poteri che funzionano in altri modi, spesso subdoli. È stata tentata anche la via dell’intelletto, scarsamente tenuta in considerazione in manga alla Dragon Ball (Crilin sarà anche intelligente ma non batterà mai Freezer), che permette di aggirare i rapporti di forza ma in fondo la vittoria nello shonen si ottiene sempre mettendo Knock Out l’avversario, basandosi sulla considerazione che la ragione è del più forte. E provate a negare il fatto che gli shonen di maggior successo degli ultimi venti anni abbiano fatto loro questo concetto: è in Medaka Box che tutto questo viene messo in discussione, con i discorsi di Kumagawa riguardo a Weekly Shonen Jump e al fatto che non c’è niente di buono in attesa per i perdenti come lui. È per questo che Medaka sceglie la via difficile per battere i suoi avversari: in principio lo ammetto, l’idea di “riformare” non piaceva neppure a me fintanto che non mi sono trovato di fronte il suo reale significato. Le persone riformate da Medaka e Zenkichi non perdono la loro identità, iniziano semplicemente a vivere in un modo diverso, smettendo di dare così tanto peso a quelle dinamiche shonen manga che li avevano costretti a mettersi da soli dei scomodi paraocchi. Medaka riforma, vuole farsi degli amici, ma accetta molto più volentieri i nemici perchè è convinta che attraverso il dialogo ci sia una reale battaglia, e che qualunque sia il vincitore entrambi i lati hanno ottenuto qualcosa dal conflitto (anzi, perde quasi interesse nelle persone che non hanno più bisogno di lei). È un pò il senso dell’ 1+1 di cui si parla verso la fine del manga.

Complico ulteriormente la questione. Coloro che hanno letto la fine potranno meglio capire questa mia affermazione: ritengo che in Medaka Box siano i personaggi stessi a scegliere, forse incosciamente, il loro stile e il tipo di potere che possiedono. È come dire che Medaka abbia sviluppato The End (l’anormalità che permette di capire, imparare e migliorare qualunque cosa) volontariamente in modo da ergersi superiore al resto del mondo, ed essere il bersaglio delle critiche mosse da 7 miliardi di individui: se il suo desiderio è la crescita e la comprensione, attirare l’attenzione in questo modo è funzionale al suo obiettivo. Se avesse scelto la via semplice sarebbe stata un Minus per la loro capacità di mettersi nei panni degli altri (i Plus mostrano poca empatia, e spesso solo fra di loro). È lo stesso per Kumagawa, il suo adorabile “non vinco mai” è un aspro giudizio al sistema stesso dello shonen manga, perchè se le regole del gioco sono proprio la forza e la convinzione, per il suo modo di essere gli è impossibile seguirle e vincere… di Kumagawa parleremo ampiamente più avanti, comunque. Quest’idea si è rinforzata e chiarita nel momento in cui Zenkichi acquisisce il Parasite Seeing (la capacità di vedere le cose dal punto di vista degli altri) che gli si addice particolarmente; a maggior ragione ne sono stato convinto quando ottiene la Devil Style, l’anormalità che già di per se è una critica mostruosa a tutto il meccanismo shonen. La caratteristica principale di ogni protagonista è proprio il fatto di essere aiutato in qualche modo dal destino, e l’abilità di Zenkichi è proprio di negare l’intervento del fato nella sua vita, in modo che le cose vadano proprio come nella realtà (ma è comunque un manga). Che i protagonisti shonen siano aiutati dal destino è un dato di fatto, ho già affrontato il tema nella Jojopedia e ci devo necessariamente tornare in Medaka Box.

N.B.: se i Plus sono aiutati dal destino e i Minus l’hanno avverso, il Devil Style rende Zenkichi uno Zero (1-1=0) e quindi il punto d’incontro dei due schieramenti… punto d’incontro, altra cosa che mi ricorda tanto i protagonisti di svariati shonen.

La mia idea è che questo manga non debba per forza piacere per essere letto, come tutti i manga incentrati sul metapensiero, che possono essere comunque interessanti se affrontati con una chiave di lettura non convenzionale. Provate a pensarci, potete leggere Bakuman perchè siete interessati al contenuto e alle riflessioni dei personaggi sul mondo dei manga e non perchè vi piace la storia; allo stesso modo quindi ritengo che Medaka Box sia un manga che possa essere usato come riassunto di quanto è stato fatto negli ultimi trent’anni (da Hokuto no Ken, guarda caso). È vero che questo lo faccio io, che di manga ne ho letti tanti (troppi ndRegola), e che ogni tanto ho bisogno di qualcosa che giochi, scherzi e pasticci con elementi che conosco e mi sono molto famigliari.

Ribadisco, prima di chiudere la seconda parte, che il finale è “giusto”, perchè da quando leggo manga è così che questi finiscono (quanto ho riso nel momento in cui Medaka ha indirettamente dichiarato come sarebbe finito One Piece). Tornerò su Medaka Box il mese prossimo (il 5 giugno) perchè ci sono altre cose che voglio sottolineare, per ora vi saluto con un pezzo dalla colonna sonora della prima serie animata, e vi ringrazio per la vostra attenzione.

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