Dopo l’analisi dei “compagni di merende” di Ichigo, eccoci qui a studiare la ciurma più eccentrica della storia: i Mugiwara del capitano dal Cappello di Paglia. In realtà, parlare di questi personaggi, singolarmente, è molto difficile (a mio parere): Oda ha creato un tale “mix” in questi ultimi anni che mi risulta difficile, oggi, pensare ad alcuni di questi personaggi senza la presenza di altri. Prendete il connubio “Zoro-Sanji”: sono due caratteri talmente opposti eppure totalmente simili che viene difficile pensare (ora) ad una ciurma dove ci sia uno dei due e manchi l’altro, e tuttavia sono stati introdotti separatamente, ognuno con la sua propri caratterizzazione che prescindeva dalla presenza di altri personaggi già noti. Allo stesso modo Usop, Chopper, Franky e Brook sembrano un quartetto affiatato, ben amalgamati tra loro… eppure ci sono voluti secoli prima di arrivare a vedere questo gruppetto formato. Per cui, se mi permettete, proverò a scrivere di questi personaggi in maniera alquanto particolare, analizzandoli separatamente nell’ordine in cui sono entrati nella ciurma.
Roronoa Zoro (ロロノア・ ゾロ) – Il secondo membro della ciurma ad apparire nella storia (appare dopo Nami, anche se lei si unirà alla ciurma molto, molto tempo dopo) rientra, perfettamente, nello schema di “gruppo di 5 eroi per salvare il mondo”: schivo, misterioso, quasi pauroso, tanto da incutere un terrore profondo in chiunque senta il suo nome. Un cacciatore di pirati che diventa pirata: credo che già da questo si possa intuire quanto Oda volesse uscire dagli schemi. Inoltre presenta Zoro, che per caratterizzazione dovrebbe essere un cattivo-buono in netta contrapposizione con “Mano d’Ascia”, rappresentate della Marina, della legge quindi, che dovrebbe essere l’emblema della “legge e della giustizia”… e invece così non è. A ripensarci oggi, è lampante quanto Oda non dia importanza ai “simboli”, quanto più alla “realtà” dei singoli individui: la Marina così è una sorta di “male”, mentre i Pirati (alcuni, non tutti) rappresentano una forma (alquanto bizzarra) di giustizia. Zoro incarna pienamente questa ideologia, molto più dello stesso protagonista a mio parere: la sua continua ricerca per migliorarsi, il suo desiderio di arrivare al “Top” e la sua stessa indole “fredda” che spesso si stempera con siparietti comici davvero geniali (ancora mi scompiscio dalle risate per la faccenda del numero sulle mangrovie giganti dell’arcipelago Saboady) rendono questo personaggio l’emblema del fatto che il bene non si misura dai “drappi scintillanti”, “dalla luminosità che ti circonda” o dai “simboli che porti sul petto”, ma, più semplicemente, dai gesti, le azioni, e le scelte che ti votano ad essere un “eroe” giusto.
Nami (ナミ) – Devo essere sincero: quando Nami apparve la prima volta pensai al solito personaggio senza arte né parte, una bellona messa lì tanto per avere il “personaggio femminile” in una serie che, altrimenti, avrebbe potuto contare solo su maschietti! Poi però si arriva alle faccende di Arlong Park (che seguono l’entrata in scena di altri due membri della ciurma) e alla vera storia di Nami: certo un po’ stereotipata, abbastanza usuale per certi manga, ma che in One Piece assume una connotazione molto particolare. Fino ad allora, fino all’entrata in scena di Arlong & Co. che “maltrattano” gli abitanti di Coco Village, Nami sembra solo una “cattivella” senza arte né parte: alla luce di ciò che accade da Sabaody fino all’attuale saga dell’Isola degli Uomini pesce, invece, possiamo affermare che questo personaggio segna un pesante “contrappasso dantesco” nella storia di One Piece. Mentre nel resto del mondo gli uomini-pesce sono bistrattati e subiscono il “razzismo” degli uomini, ad Arlong Park le cose sono totalmente opposte, con la ciurma di pirati di Arlong che vessa la vita dei poveri isolani. Nami risulta così un personaggio profondo, legato ad un “dover apparire cattiva per necessità” ma fortemente costretto da un senso di angoscia per cui tutte le sue azioni sono votate a proteggere ed aiutare gli isolani che, ignari di tutto, la vedono con disprezzo. Allo stesso modo il suo attaccamento ai soldi è una mera facciata: la calma con cui propone, davanti alla casa d’aste, di usare tutti i “suoi” soldi per ricomprare Kaime e salvarla fa crollare, in un attimo, quella maschera da fredda calcolatrice che, comunque, continua ad indossare. Che dire: una ragazza davvero meravigliosa!
Usop (ウソップ) – Avevo letto, molto tempo fa, che Usop rappresenta il classico “vorrei ma non posso”: troppo codardo per agire sul serio, usa la sua inventiva per spacciarsi per qualcuno che non potrà mai essere. Io non sono assolutamente d’accordo con questa visione: secondo me Usop è invece un emblema di coraggio, un eroe fuori dagli schemi a cui basta lasciare “l’occasione giusta” perché mostri, appieno, il suo potenziale. La dualità con “Sogeking” poi sottilinea completamente questo fatto: se Usop, senza maschera, è un imbranato pavido e tremolante, capace solo di “rivestirsi” di bugie, è proprio indossando il costume da supereroe (alla maniera Marvelliana, per intenderci) che il suo vero Io esce allo scoperto, quella forza che gli viene dal padre e dai mille sogni che racchiude dentro di sé. Se mi permettete una citazione fuori tema, ripenso al discorso finale di Bill (in Kill Bill – Vol.2) riguardo Superman: mentre gli altri supereroi sono nati John, Steve, Peter ecc… e diventano Torcia, Capitan America e Uomo Ragno, Superman è nato tale ed è “Clark Kent” il costume che indossa per confondersi tra la gente. Usop è uguale: la sua realtà è essere Sogeking, mentre Usop è una maschera, una parvenza di facciata che distoglie da lui l’attenzione, utilizzando migliaia di storie fasulle, per non far vedere, agli altri, quale immensa forza e quele smisurato coraggio si celino dentro il suo animo.
Sanji (サンジ) – Il personaggio più azzeccato di tutta la saga, a mio parere. Sanji è, tra tutti, quello più “reale”, forse perché incarna, al contempo tante buone e pessime qualità: i suoi modi gentili e il suo desiderio di realizzare un grande sogno si contrappongono alla sua “mania sessuale” e alla sua visione, molto ristretta a volte, di giusto e sbagliato (giusto è ciò che gli piace… sbagliato il resto!). Sanji è un uomo a tutti gli effetti: bambino sognatore, adolescente cresciuto troppo in fretta a causa di una tragica esperienza, adulto (quasi) che deve gestire il doppio ruolo di chi comanda (con tutte le responsabilità del caso) nel ristorante Baratie e del ribelle che vorrebbe fare tutto di testa sua e portare avanti il suo sogno. La stessa scelta della sua tecnica di combattimento andrebbe analizzata più profondamente: certo, un cuoco deve evitare di ferirsi le mani che, al pari di un musicista, sono il suo strumento di lavoro fondamentale; eppure c’è di più nella scelta di usare solo i calci: una sorta di distacco, di volersi tenere “lontano” dai suoi nemici, quasi che fossero piatti “poco prelibati” a cui Sanji stesso non vuole accostarsi neanche con il pensiero. Il suo stesso look lo pone su un piano differente rispetto alla ciurma: mentre tutti gli uomini hanno abiti stravaganti e poco curati (Brook è un caso a parte) Sanji è sempre impeccabile nel suo completo da “maitre”, quasi a voler sottolineare un certo “ordine” che lui possiede e di cui gli altri sono privi. Ecco perché non riuscirei a vedere una ciurma in cui Zoro e Sanji non appaiano insieme: sarebbe come guardare una moneta su cui è incisa una sola faccia, dal momento che i due sono praticamente lo stesso personaggio visto sotto punti di vista differenti.
TonyTony Chopper (トニートニー・ チョッパー) – Il Dott. Chopper è sicuramente il personaggio che meno ti aspetteresti in un qualsiasi manga: ma qui si parla di One Piece di un certo Eiichiro Oda e quindi quello che stupisce è che non ci siano 4782366542 personaggi come Chopper! Completamente fuori da qualsiasi schema mentale accettabile (forse perché, in realtà, è un animale?), completamente diverso da qualsiasi altro personaggio presentato fino ad oggi nella serie, Chopper riesce ad essere completamente idiota pur essendo totalmente geniale: incapace di provare vero odio (anche perché, quando lo fa, sono cavoli amari!) e profondamente votato alla cultura (in questo c’è una forte affinità con Nico Robin), Chopper è metà adulto e metà bambino, anche lui cresciuto troppo in fretta per poter aver goduto appieno della sua infanzia e di momenti felici. Ciononostante, i pochi che ha potuto avere, lo hanno forgiato profondamente, rendendolo al contempo quel personaggio schietto e umile, buono e generoso, ma anche timido, introverso e impacciato, che tutti noi conosciamo. Un personaggio davvero adorabile (e del resto, “Tenero Peluche” come appellativo gli sta più che bene). Una cosa che adoro di Chopper è il suo reagire in maniera esagerata a qualsiasi evento: questo sottolinea ancor di più il fatto di non essere umano, in principio, e la genialità di Oda che tiene sempre bene presente di dover trattare un personaggio che non può essere “canonizzato” come tanti altri.
Nico Robin (ニコ・ ロビン) – Il personaggio più emblematico di tutta la storia: non solo per i vari trascorsi, il suo passato al limite del possibile, le varie situazioni in cui è stata invischiata e dalle quali, alla fine, è fortunatamente uscita. Ma il fatto stesso che, nonostante si sia liberata di un passato scomodo, sembra ancora essere legata a qualcosa di non detto, qualche faccenda che pare aleggiare su di lei come una nuvola minacciosa pronta a esplodere in lampi e burrasca. Il suo potere rappresenta un’altra visione di questo suo alone di mistero: un frutto che permette di “moltiplicare” i proprio arti, rendere il tutto tentacolare, quasi come se, contemporaneamente, l’animo di Nico Robin dovesse dividersi tra migliaia di faccende, tutte diverse, tutte di eguale importanza. D’altro canto la sua passione per la cultura, quell’energia che gli studiosi dell’isola di Ohara le hanno infuso, la rende un personaggio particolare: Oda riesce, con maestria, a fornirci in un “carachter” da femme fatale, il tipico personaggio che, in altre opere, sarebbe rappresentato come la ragazzina saputella o la quattrocchi secchiona, rendendo la figura di Robin tanto più emblematica quanto affascinante. Un personaggio che si trova al limite tra il poter essere una “protagonista assoluta” e una comprimaria che necessita di tutte le altre figure dell’opera: il suo modo particolare di relazionarsi con tutti gli altri membri (la complicità con Nami, la gentilezza con Sanji e Zoro, la dolcezza e il rispetto che mostra verso il “dottore”) la rendono “necessaria” alla ciurma anche se, dal canto suo, riveste un ruolo forse “inutile” (non credo che tanti pirati si portassero appresso un’archeologo!) eppure fondamentale in una vicenda, come quella di One Piece, in cui un giorno forse ci dovremo “sorbire” un centinaio di capitoli di Flashback per capire, finalmente, cosa sia successo nei cento anni di Buio e cosa siano le armi Ancestrali (per non parlare di come, la Marina, abbia ottenuto lo strapotere che detiene).
Franky (フランキー) – Questo personaggio mi spaventa: ci sono momenti in cui lo trovo geniale, altri in cui mi sembra più che assolutamente inutile! Non fraintendetemi: tutta la storia di Franky, i suoi trascorsi con Iceburg, la sua figura quale “personaggio malvagio” in una città, Water Seven, dove pare che siano tutti buoni, lo rendono molto interessante (anche se anche qui, c’è lo stereotipo del giovincello maltrattato dalla società che diventa ribelle e “cattivo” per forza!); in più, il fatto che sia un cyborg e che rappresenti anche lui un personaggio geniale (a suo modo) lo pone in ottima sintonia sia con Nico Robin (con cui sembra avere un rapporto privilegiato, non trovate?) sia con Usop (che per una volta ha di fronte qualcuno che può “insegnarli” qualcosa). Il personaggio è “utile” sotto il profilo delle migliorie e delle tecnie della Sunny… ma quanto lo è ai fini della storia? Io sono convinto che ci sia ancora qualcosa da scoprire su Franky, qualcosa che potrebbe rivelarsi fondamentale per il proseguimento delle vicende di One Piece… ma ora come ora, non ho idea di quale segreto questo possa essere.
Brook (ブルック) – Questo personaggio mi ha affascinato sin dalla sua prima comparsa: divertente e strano al tempo stesso, è il perfetto “carattere” che ci si aspetterebbe di trovare in un manga come One Piece. La musica è ciò che lo contraddistingue, e lo si vede anche nel modo in cui “è pensato”: molto fluido nei movimenti, ritmato nelle battute, assume una cadenza particolare che lo rende davvero “musicale” in ogni suo aspetto. Tuttavia devo dirvi la verità: a tutt’oggi non mi sono fatto ancora un quadro preciso del nostro scheletro vivente. Sono certo che ci siano ancora cose da scoprire su di lui (ad esempio, come ci è finito sulla nave dei Pirati Rumba e come facesse ad esserne il vicecapitano), tuttavia al momento la sua figura mi pare alquanto misteriosa e senza una “definizione precisa”, cosa che Oda non manca mai di dare ad ogni singolo co-protagonista della vicenda. Sono certo che in futuro avremo modo di scoprire su Brook altro, ma per il momento, dobbiamo accontentarci di vederlo come un simpatico scheletro saltimbanco!
Bene, e anche stavolta abbiamo finito! E’ stata dura parlare della ciurma (e ancora peggio lo sarà parlare dei ninja di Konoha!) ma mi ha fatto davvero piacere mettere nero su bianco le mie idee su questi personaggi. Voglio solo notare una cosa, prima di chiudere. C’è, a mio parere, una forte differenza tra i “compagni di avventura” di Ichigo e i Mugiwara di Rufy: mentre i primi, nonostante l’affiatamento, restano, per loro stessa caratterizzazione, dei singoli che agiscono “separatamente”, la ciurma di Rufy ha sempre avuto una perfetta connotazione di “gruppo” che si muove all’unisono, che segue una strada comune anche se, magari, i desideri e i sogni sono diversi. In questo oda è riuscito a creare una perfetta sintonia tra i protagonisti, rendendoli parte di un tutto unico come era solito essere in tante storie del passato (pensate ai Cavalieri dello Zodiaco o ai vari manga con protagonisti dei gruppi di eroi): questo pone Oda a metà tra un innovatore e un prosecutore della tradizione che da Tezuka, fino ad oggi, ha visto il manga (anche quello per bambini e meno serio) un strumento di trasmissione “culturale” notevole in Giappone. E speriamo che questa tradizione non svanisca mai.