Gli Inguardabili – Petopeto-san

di Regola Commenta

 

Dev’essere uno scherzo, starete pensando, il frutto della mia malata fantasia perchè non può esistere un anime che sia un Inguardabile già dal fraintendibilissimo titolo. Invece è realtà, orrenda, mostruosa, distonica, poter dire che è stato tutto un brutto sogno sarebbe la cosa più bella che vorrei fare… ma la realtà è tiranna. Petopeto-san è un anime prodotto nel 2005 che pare uscito nel decennio sbagliato: forse negli anni ’70 sarebbe stato qualcosa di moderno e acclamato dalla critica. Chissà cosa sarà passato per le menti dirigenti della Enterbrain, della Xebec e della Media Factory quando decisero di finanziare questo anime, tratto da una light novel di un certo Kou Kimura. Quella poteva anche essere bella, ma l’anime sicuramente non lo è. È uno schifo, di quelli che non ti scordi tanto facilmente, che dopo averlo visto passi la settimana successiva a scansionare con l’antivirus il tuo computer, e nel timore che ci siano ancora tracce formatti. Due volte. Non ancora sicuro ti armi di saldatrice e cerchi di bruciare le parti fisiche dell’hard disk dove i file risiedevano, al costo di irreparabili danni.

E’… un cane, quello?

Troppe volte mi sono chiesto cosa mi passasse per la mente mentre guardavo i tredici episodi che compongono la serie, poi mi sono ricordato che gestisco questa rubrica. Che poi vi giuro, una storia simile non me l’aspettavo, gli sviluppi che la serie prende sono al dir poco inaspettati, ma non per questo ben graditi. C’era un momento in cui la trama stava prendendo forma, contemporaneamente a una mia rinnovata, mal riposta, fiducia nel genere umano, verso la fine dell’ottavo episodio… resta comunque un continuo crollo verso l’inutilità, fino all’ultimo episodio, in cui negli ultimi cinque insensati minuti l’unico personaggio con un pò di sale in zucca perde la pazienza e dice ai protagonisti le stesse cose che vorresti dirgli tu. Cosìcchè la facciano finita. Il punto è che non avendo deciso da quale parte iniziare a raccontarvi la storia ho affidato tutto al caso lanciando di una moneta…

C’è anche violenza domestica.

Nell’infelice villaggio di campagna dove si svolgono i fatti da molti decenni c’è in atto uno strano fenomeno: i secondogeniti sono sempre femmine. Al punto tale che Ayukawa, il nome di questa amena località, è stata ribattezzata “la città delle sorelle minori” (imouto). Ma questo non c’entra tanto con la storia (date la colpa alla moneta) quanto il fatto che il protagonista Shingo, uno studente comune, frequenta una scuola dove sono ammesse anche le “razze particolari”: in pratica, creature sovrannaturali dall’aspetto antropomorfo, che cercano integrazione nella società umana. E la protagonista femminile è l’esponente di una delle razze più rare, i “petopeto“, chiamati così per il fastidiosissimo suono che accompagna ogni loro movimento (un’onomatopea, in pratica) il cui potere è quello di restare appiccicati alle persone che toccano. L’unico modo per staccarsi è che le vittime e il petopeto si addormentino. Hatoko, la protagonista, viene soprannominata Petoko, ed è una ragazza timida sulle cui spalle pesa il destino della sopravvivenza della sua razza: deve avere figli. Cosa meglio poteva esserci di un potere che ti permette di restare appiccicata a un uomo e passarci la notte assieme…

Gli inconvenienti non si sprecano se si resta appiccicati. Cosa hanno fatto? Guardatevi la serie se volete scoprirlo.

Feccia maledetta! Per fortuna non succede niente di strano in questa serie. Insieme a Petoko nella classe di Shingo ci sono altri mostri: uno zombie, una kappa, una nurikabe, un nopperabo… comunque è ovvio che Shingo avrà occhi soltanto per Petoko, la quale non prende sul serio i suoi sentimenti perchè convinta che il ragazzo è stato conquistato dai suoi mostruosi e vergognosi poteri. Se non chè Petoko viene scelta come “sorella minore rappresentativa” di Ayukawa e dovrà lasciare il villaggio, anche perchè essendo di famiglia povera un lavoro ben pagato è l’ideale (ok, lo ammetto, un pò mi è dispiaciuto quando non avevano niente da mangiare). I due protagonisti arriveranno a realizzare i propri sentimenti quando dovranno vivere lontani l’uno dall’altro. Questa serie è una carrellata di luoghi comuni e idiozia malamente assortita, al punto tale che pensavo di essere incappato in uno strano kodomo (anime per bambini) ma grazie allo spirito di sacrificio dei subber, che hanno tradotto anche uno dei tipici messaggi che compaiono di tanto in tanto, ho scoperto che veniva trasmesso alle due di notte. E a quell’ora non ci sono bambini svegli (e se ci sono crescono moooolto male).

Sta facendo i compiti. Della kappa. Purtroppo non poteva opporsi.

Cose del tipo che la madre di Petoko cerca continuamente di spingere la sua quattordicenne figlia a sedurre il protagonista; in alcuni momenti anche lei cerca di sedurre qualcuno ma ha l’accortezza di lasciare Shingo in pace. Poi ci sono i problemi di Kuguru, la ragazza kappa, e di sua sorella minore che vuole ucciderla (…) il cui attacco viene fermato da Petoko attraverso la spiegazione di come si mettono al mondo i bambini. Che poi non ricordo come si arrivava a quello… ah si! La sorella minore in questione, Chochomaru, aveva affermato di non aver bisogno di genitori (perchè deceduti) e l’interpretazione errata della protagonista ha fatto degenerare il tutto. Ma avrei dovuto capirlo da subito, che sarebbe andata a finire male, quando nelle prime battute veniva spiegato che i petopeto si nutrono di amore, e che se le persone intorno a loro si odiano scompaiono fino a diventare trasparenti. L’amore, quella cosa magica che rende ogni storia bella… me lo ricorderò quando dovrò fare il caffè. Giacchè ci siamo poi le animazioni sono pressochè inesistenti, tanto i personaggi non fanno altro che camminare e agitare le braccia, e credevo di riuscire a sopportare la visione per il fatto che a doppiare Petoko vi fosse Kana Ueda, conosciuta anche per aver dato la voce a Tohsaka Rin di Fate/Stay night. Non è bello prendere in giro le persone per le loro difficoltà economiche.

Le sorelle minori ci salveranno, altro che “Gli Avengers”…

Ma se invece di andare a dissodare campi incolti produci un anime del genere allora meriti tutto il mio odio. Che poi ci hanno provato anche a produrre merchandising vario, perchè gli appassionati com’è risaputo comprano di tutto. Altro che donne di mezza età, le vere vittime dello shopping compulsivo sono gli otaku sull’orlo della trentina! No, con questo non sto dicendo che ho comprato i Dvd di Petopeto-san, che mi pare non siano mai usciti dal Giappone.

Petoko e Chochomaru.

Il gran finale: il colpo di grazia che come al solito tengo per la fine. Oramai credo sappiate benissimo come la penso per certe cose, ritengo che una serie per essere quantomeno degna di essere vista non debba avere delle animazioni eccellenti e una storia interessante, mi basta poter respirare la passione che i produttori hanno investito nel progetto. Che non c’è, perchè lo capisci dagli episodi di niente cosmico che compongono questa serie. Non m’interessano i corsi di aerobica quotidiani che vengono fatti nel cortile della scuola, neppure del parco a tema “sorella minore” che sembra avere una funzione nella storia ma poi rimane lì e non capisci, perchè sebbene non piaccia a nessuno lo faranno comunque… neppure del tornado-trasporta-visitatori che i kappa inaugurano invece di costruire un’efficientissima linea ferroviaria. Non m’interessa neppure del fatto che Petoko è stata cresciuta con la convinzione che gli onigiri si chiamassero in realtà “sushi” per farle una sorpresa il giorno in cui lo avrebbe mangiato per la prima volta, e se è per quello non m’interessa neppure la procedura con cui si mangia il sushi. Si presume che lo spettatore lo sappia già. Ciò che non posso accettare è il tono surreale che la parte finale della serie prende, col protagonista che sogna un mondo senza gravità dove tutti possono galleggiare e muoversi senza fatica, un mondo che non è come lo spazio dove deve per forza indossare una tuta da astronauta per muoversi e finire per perdere irrimediabilmente la presa con la mano di Petoko, come pessima metafora del suo desiderio di restare un bambino per sempre e non doversi mai allontare dai suoi amici e dalla sua amata. Chi cavolo sei, lo Shinji Ikari dei poveri!?

I kappa ballano così, pare.

Restate sintonizzati su Komixjam che le novità sono tante, non solo per Gli Inguardabili che questo mese hanno tutta l’aria di essere drammaticamente “intensi”. A mercoledì prossimo!

 

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