Negli ultimi mesi del 2002 usciva nel nostro caro vecchio continente europeo un videogame per console Sony PlayStation 2 nato dalla collaborazione di Squaresoft (ora Square Enix) e della software house di Disney: Kingdom Hearts. All’epoca avevo più di dodici anni e ci vollero altri tre anni per convincermi a dargli una possibilità, datosi che il sottoscritto aveva snobbato tutto giudicando il libro dalla copertina.
Kingdom Hearts è un action RPG, un gioco di ruolo d’azione che mischia (ma va?!) gli elementi tipici di un GDR nipponico come Final Fantasy, di cui Square era il creatore, all’elemento azione di un gioco di combattimenti corpo a corpo. La saga è ormai molto famosa in tutto il mondo e sappiamo perfettamente che già dal primo episodio troviamo personaggi come Squall da Final Fantasy VIII o Tidus da Final Fantasy X insieme a quelli di Disney che hanno accompagnato molti infanti, vedere Paperino o Pippo – molti giocatori preferiscono chiamarli col nome americano, Donald e Goofy. Sono esplorabili diversi mondi, molti dei quali appartenenti proprio all’universo Disney, sui quali il giocatore esplora diverse vaste zone camminando/correndo e facendo uso della propria arma oltre a magie, oggetti e quant’altro (Fire, Blizzaga, Thundara, Granpozione, Etere… vi dicono qualcosa?) presi da Final Fantasy ma utilizzati in chiave action.
A essere i protagonisti particolari sono i personaggi creati apposta, su cui ruota tutta la trama: Sora, il personaggio principale puro di cuore che crede nei suoi amici; Riku, in un qualche modo il miglior amico e rivale di Sora da sempre, di cui capiamo già dall’inizio che è un tipo dalle grandi ambizioni; e la femmina del trio, Kairi, di cui si sa poco se non che è gentile ma anche più “nuova” del luogo, con origini inizialmente incerte. Questi sono i tre ragazzini che abitano sull’Isola del Destino, uno dei mondi con cui il videogiocatore ha a che fare insieme agli altri e la cui storia comincia a farsi dannatamente intricata tanto da creare teorie su ogni elemento discutibile. E il signor Tetsuya Nomura, uomo di punta geniale di Square Enix dal lontano 1992 nonché character designer e creatore di Sora, Cloud Strife da Final Fantasy VII e altri, non ci aiuta neanche troppo!
Kingdom Hearts, per chi non lo sapesse, si districa continuamente in diversi episodi della saga mostrandoci una certa abilità da parte dei creatori nel raccontarci l’intera trama anche in spazi temporali differenti. Andando in ordine cronologico di rilascio, finora sono giocabili sei titoli con tanto di importantissimi spin-off: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts: Chain of Memories, Kingdom Hearts II, Kingdom Hearts: 358/2 Days, Kingdom Hearts: Birth By Sleep, Kingdom Hearts: Coded. Le piattaforme su cui gli sviluppatori hanno potuto lavorare invece sono: PlayStation 2, Game Boy Advance, Nintendo DS, PlayStation Portable. Aspettando che Nomura ci dia più notizie e più dettagli, magari al prossimo Tokyo Game Show, sappiamo già da Gennaio che un prossimo importante titolo sarà Kingdom Hearts 3D: Dream Drop Distance per la nuova console Nintendo 3DS. Nel frattempo sono venuti fuori anche manga e i soliti gadget per alimentare un po’ il marketing.
Ciò che ho intenzione di fare è raccontarvi questa meravigliosa saga, che qualcuno può odiare o amare, analizzando giochi, gameplay, trame, magari discutendone fra di noi. Se c’è una cosa che a Kingdom Hearts non manca è la capacità innata di far discutere. Vi lascio con l’intro del primo gioco con Sora protagonista, con canzone della cantautrice Utada Hikaru intitolata “Simple and Clean” nella versione Occidentale, “Hikari” in Giappone, sottolineando meglio il tema di luce e oscurità; la prossima volta ne riparleremo meglio presentando i vari characters e il non ancora menzionato Keyblade! Le altre musiche comunque sono per la maggior parte composte da Yoko Shimomura, altre sono riadattate appositamente per questa grande saga, prese direttamente dagli universi Disney.
http://www.youtube.com/watch?v=WYnj5ZLwXJA