
Eccomi qui fra una news e l’altra a portarvi un approfondimento scritto dalla bravissima marilla00. Come potete intuire dal titolo ci parlerà del manga di Trigun e scommetto che piacerà molto sia a chi non conosce il manga (così potrà farsene un’idea) che a quelli che l’hanno letto; vi suggerirà, infatti, chiavi di lettura veramente interessanti ma ad ogni modo a lei la parola.
Ancora Trigun penserete, in effetti, su KJ non è la prima volta che si parla della fantastica opera del mangaka Nightow Yasuhiro (o Naito), ma in passato si è sempre affrontato l’argomento dal lato anime, si è parlato del nuovo film che è uscito in Giappone il 24 aprile 2010, ma quella che è l‘opera prima, il manga, origine e ispirazione di tutto ciò che è stato prodotto in seguito sul lato animazione, è, ancora per molti, poco noto e poco apprezzato.
La mia scoperta di Trigun è recente ma il forte impatto emotivo originato da questo manga mi ha dato il coraggio (e vi assicuro che ne occorre tanto) di proporvi l’articolo e di condividere con voi emozioni e impressioni e, perché no, invogliarvi a una lettura che, penso, non deluderà.
Parlare del manga implica necessariamente il dover parlare della sua tempestosa e difficile vita editoriale. Originariamente uscito sullo Shonen Captain nel lontano marzo 1995, conosce prematura morte dopo soli 3 tankobon a causa della chiusura della testata (gennaio 1997), ma la sua buona stella lo protegge e riappare con il nuovo titolo di Trigun Maximum sullo Youg King Ours nel 1998, in concomitanza con la produzione dell’anime, per concludersi nel 2008 (in Italia nel 2009). Anche la versione italiana delle (dis)avventure editoriali di Trigun non è da meno. I diritti, acquisiti inizialmente dalla Dynamic, dopo la pubblicazione dei primi 9 tankobon vengono ceduti per i primi tre (diventati in seguito due) alla Panini, mentre i restanti 14 volumi del Maximum passano alla J-Pop. Questo errabondo vagabondare da una casa editrice all’altra ha prodotto una serie di non indifferenti difficoltà ai suoi lettori che hanno subito non solo cambi di edizioni in corso di pubblicazione ma anche interminabili periodi di attesa tra un’uscita e l’altra, a volte persino di uno o due anni. Complice dei ritardi, aimè bisogna dirlo, è stato anche lo stesso Nightow, che spesso nelle strisce di chiusura dei tankobon (lui stesso ne era il simpatico protagonista, si disegnava con un testone enorme e pelato) si profondeva in scuse e richieste di perdono per la sua pigrizia nel disegnare il manga.
Da quel che avrete capito la fantomatica divisione fra Trigun e Trigun Maximum, è dovuta solo alla diversa attribuzione dei diritti editoriali dei primi volumi, la vicenda narrata in realtà non conosce soluzione di continuità e per una sua completa ed efficace lettura è indispensabile considerare l’opera nel suo complesso come un tutt’uno.
L’ambientazione del racconto è futuristico – fantascientifica, con grosse concessioni all’epoca pionieristica del far west, sia in questa scelta sia nella caratterizzazione dei personaggi si sente chiaramente la contaminazione della cultura comics americana di cui Nightow è fan accanito (tra i suoi idoli Simon Bisley, Todd Mac Farlene, Mike Mignola e Geof Darrow) e produce un innovativo effetto d’ibridazione comic-manga.
La vicenda, nell’anime piuttosto lineare e semplificata, nel manga diverge notevolmente sia per la trama, diversa in molti punti chiave e molto più complessa, sia per una maggiore profondità e introspezione data ai personaggi. All’origine di tutto un misterioso incidente di navigazione fa precipitare una flotta di navi pioniere interstellari terrestri su un pianeta completamente privo di ogni risorsa. In seguito a questo catastrofico evento un’umanità, spietata e disillusa, si trova costretta a condurre un’esistenza dura e semi-parassitaria su un lontano pianeta inospitale, tutti i suoi peccati capitali sono enfatizzati da una gara per la sopravvivenza in cui solo chi gioca più sporco riesce a emergere, chi cade è subito calpestato e dimenticato perché la solidarietà è un lusso che pochi hanno il coraggio o la forza di permettersi. A ergersi a paladino non solo dei deboli ma anche dei peggiori furfanti ecco il nostro protagonista, Vash the Stampede, pistolero misterioso, impareggiabile quanto improbabile, pacifista assoluto e vero gentiluomo (inteso nel senso di uomo gentile).
Quest’affresco dell’umanità può sembrare eccessivamente grottesco ma racchiude in se una crudele costatazione, gli uomini, posti di fronte a condizioni estreme, non sempre riescono a risvegliare il loro lato migliore, più spesso si assiste a una regressione guidata solo da principi utilitaristici di sopravvivenza. Gli uomini sono creature deboli, la loro vita è solo un istante nel flusso perpetuo del tempo, in quel breve istante essi devono prendere decisioni difficili e poiché non sono Dei, le difficoltà finiscono per trasformarli in demoni.
Il sapore della tragedia (caratteristica di molti manga) pervade quindi anche le pagine di Trigun, in contraltare a questo rischiarano la lettura temi etici che toccano vari punti focali della cultura moderna, il rispetto verso ogni forma di vita in senso lato in primis, il riconoscimento della diversità in ogni sua forma, la convivenza con il diverso come unica possibilità di sopravvivenza civile, l’importanza dell’interazione dialettica e, per finire, la speranza, data indistintamente a tutti, di riscattare il proprio passato e continuare a sperare in un futuro sempre aperto.
Questo è solo una delle possibili linee interpretative dell’opera, che in questo senso definirei eclettica. Chi, infatti, non fosse particolarmente interessato all’etica e alla morale può comunque godere, lungo il dipanarsi della storia, di un crescendo di scontri mozzafiato e truculenti talmente veloci, particolareggiati e minuziosi nei dettagli anatomici e di movimento da essere quasi inintelligibili, di una buona dose di humor nipponico sapientemente sparsa, di un’impareggiabile espressività del tratto e di personaggi “cattivi” molto curati nella caratterizzazione, ben calati nel contesto e quasi tutti dotati di notevole spessore psicologico, disposti a rinunciare alla loro umanità in cambio di potere come in un moderno patto col diavolo.
Tuttavia la vera alchimia del manga si può imputare, in larga parte, al suo protagonista, Vash the Stampede (detto anche il tifone umanoide con la famosa taglia d’inizio storia da 60 miliardi di doppi dollari). Vash è un personaggio singolare, molto diverso dai soliti eroi cui ci hanno abituato altre opera manga, si definisce lui stesso “perseguitato da decine di Dei della morte e della povertà” e in effetti, ovunque si muova, la sventura sembra essergli sorella. Dimenticatevi però dell’impacciato pistolero mangiacciambelle donnaiolo dell’ anime, il vero Vash (perché per me ogni versione manga è sempre e solo l’unica depositaria di verità) ha ben altro cui pensare. Attraverso un viaggio infernale, che si protrae da 150 anni lungo i deserti del suo desolato pianeta, Vash s’incontra e si scontra con un’umanità dolente e disillusa che a volte lo accetta come un fratello, più spesso lo tradisce e umilia. Questo suo peregrinare diventa simile a un viaggio interiore che egli compie alla ricerca del senso della sua vita e di quello dell’umanità. A dispetto di tutte le sventure che lo affliggono Vash non perde mai il sorriso o la fiducia, non arretra mai di un passo dai suoi principi pacifisti, non rinuncia ad un grammo della sua integrità anche a costo di apparire un puerile ingenuo, anche a costo di umiliarsi e lasciarsi torturare nei modi più feroci, insomma anche a costo di sembrare un vero idiota. Ed è proprio questo suo aspetto, così disarmante, che finisce per coinvolgere il lettore, il senso di empatia che si respira nelle pagine di Trigun pervade tutta la trama e difficilmente lascia indifferenti.
Come in ogni buon manga che si rispetti all’eroe corrisponde una sua nemesi, e Trigun non fa eccezioni proponendo come super cattivo assoluto Knives, fratello gemello di Vash, che per antitesi al fratello pacifista ha come unico scopo l’estinzione del genere umano. Non molto originale penserete, ma in quest’ambito Knives ha più di un motivo per desiderare un genocidio planetario. Le sue azioni rappresentano la reazione, eccessiva e patologica quanto volete, a uno shock infantile indotto dalla millenaria storia di abusi ed egoistico sfruttamento perpetuato dal genere umano nei confronti di tutto ciò che esso considera a propria indiscriminata disposizione, sia essa natura, risorse, flora, fauna o innovative e miracolose scoperte scientifiche di nuove e convenienti forme di vita artificiali. Il legame tra i due fratelli è un punto focale della trama, a volte presentato con sfumature quasi morbose che contribuiscono a rendere il tutto ancor più intrigante.
Ultimo ma non meno importante aspetto l’ambivalenza di quasi tutte le forze in campo, l’umanità, solitamente parte debole da difendere dai malvagi, in Trigun non è poi così esente da colpe, l’eroe è contemporaneamente salvatore e minaccia, abile e impacciato, vittima e ricercato, dilaniato dal senso di colpa eppure solare, persino i “cattivi” hanno una serie di ragioni non pretestuose dalla loro.
Trigun è nel complesso un manga di spessore e notevole valore grafico, emotivamente coinvolgente e ben strutturato, che non ha ricevuto la giusta attenzione dal pubblico in parte a causa delle sopracitate disavventure editoriali e in parte (impressione mia) perché oscurato dalla sua versione anime effettivamente ben curata e accattivante ma decisamente limitata per molti aspetti, primo fra tutti quello di essere stata realizzata ben prima della conclusione del manga. Detto questo non posso che augurare a tutti buona lettura e naturalmente ….. love and peace!