Quando mi sono imbarcato in questa maledetta avventura della prospettiva storica sapevo a cosa andavo incontro: ci sono titoli in lista che non ho apprezzato come lettore, ed ero conscio di dover dare il massimo per evitare che il tutto si limitasse a un monologo composto di quello che blatero nel privato. Non so se il modo di pormi nel precedente articolo, su One Piece, sia stato il migliore, penso tuttavia non sarebbe potuto essere più onesto. Ho speso tante energie per cercare di scrivere qualcosa di interessante e valido, e ho visto riconosciuto questo impegno da molti. E se a qualcuno invece non è piaciuto che facessi presente la mia opinione… beh, fattacci loro. Oggi, però, parliamo di Hunter x Hunter e Yoshihiro Togashi, autore che già abbiamo affrontato con Yu Yu Hakusho. Tranquilli, questo manga complesso sia per la struttura, sia per la sua storia editoriale, fa parte di quel gruppo di titoli che mi lasciano in qualche modo incapace di schierarmi apertamente. Cosa tipica di quei prodotti in qualche modo singolari, particolari… e perchè HH ci porterà verso alcune riflessioni particolarmente complesse (a differenza dell’articolo su One Piece, dove la complessità stava nel trovare un modo di dire quello che pensavo, qui complessi sono proprio gli argomenti).
Se dovessi descrivere in poche parole il secondo manga di Togashi, lo definirei come uno shonen manga nel quale personaggi ed eventi non seguono fedelmente l’ortodossia shonen senza per questo diventare un seinen. Le scelte di sceneggiatura di Togashi portano spesso a situazioni di climax o di stallo che, se fossero in mano ad altri autori, verrebbero risolte attraverso epocali lotte, mentre in HH la piega che gli eventi possono prendere è decisamente peculiare. In HH, in qualche modo, tutti i personaggi sembrano essere ossessivamente riflessivi: anche laddove le loro azioni possono essere definite come istintive (sempre gestite in base a una costruzione molto chiara del personaggio), l’autore non lascia nulla al caso e analizza ogni piccolo dettaglio, soffermandosi a volte su particolari che molti decidono di ignorare, o dare per scontati. È per questo che, probabilmente, Togashi ha da sempre riscosso successo, e molti sognano il ritorno suo e di questo manga che pare scritto e gestito più come un romanzo, e non come un fumetto, in certi momenti. Tutto, in HH è immerso nella riflessione autoreferenziale di un autore che probabilmente non riesce ad affrontare il suo lavoro in maniera più spontanea. Togashi, come dicevo parlando di Yu Yu Hakusho, pare voler essere sempre certo che il suo fumetto sia comprensibile, apprezzato e che la sua complessa costruzione logica appaia inattaccabile: per questo passa molti capitoli a spiegare e illustrare come funziona il suo mondo, per poi adoperare tutti i dati messi in mano ai lettori con uno stile pratico e conciso. Penso che Togashi abbia sempre una vaga idea del corso che prenderanno gli eventi, ma si preoccupa di giustificarli ancor prima di narrarli: questo lo ha portato alla costruzione di uno dei sistemi shonen più affascinanti di sempre: il Nen.
Probabilmente, quando Togashi ne parlò per la prima volta, molti si spaccarono la testa. Personalmente non lo ritengo un sistema shonen complesso quanto alcuni potrebbero averlo definito (perchè mi ricorda certe filosofie orientali, che ho dovuto affrontare per comprendere alcune scuole di psicologia), la sua caratteristica principale mi pare essere una spaventosa versatilità. Nella sua strutturazione Togashi riesce a garantirsi una fenomenologia di poteri pressochè illimitata, tutti inquadrabili in uno schema molto preciso, non dimenticandosi neppure della componente carattere, perchè per la prima volta un autore si impegna seriamente a costruire un mondo nel quale “i poteri ottenuti alla nascita” non sono necessariamente affini agli sviluppi della personalità. Per questo Togashi rende accessibili a tutti i personaggi ogni manifestazione possibile del Nen, limitandosi a ridurre l’efficacia con cui possono essere sfruttati i tipi di Nen verso i quali i personaggi non sono portati; si lascia aperta anche la strada per la risoluzione shonen, con il tipo “Speciale“. A pensarci bene, la stessa natura della professione di Hunter è profondamente variabile, e impossibile da inquadrare in un’unica forma fissa. A volte ho la sensazione che in certi archi narrativi l’equilibrio chiacchere/cazzotti non sia ben bilanciato, o volutamente pendente verso uno dei due. Greed Island, per esempio, mi pare una saga pienamente in stile HH, composta da lunghe spiegazioni che portano poi a una risoluzione, che si fa forte di tutte le premesse fornite. Ma la proporzione di chiacchere/cazzotti è molto meglio bilanciata nella saga delle Formichimere, in cui l’autore mostra la sua capacità di pensare fuori dal genere shonen, proponendo un modo di raccontare particolarmente interessante, perchè, come dicevo, poco ortodosso. Il problema però è un altro, è qualcosa che state aspettando e non posso ignorare: per affrontare alcuni degli aspetti di HH è necessario affrontare temi che con sogni e passione non dovrebbero avere niente a che fare. Dovremo parlare di soldi.
Obiettivamente: Togashi ha già dimostrato di saper disegnare, non di essere un incapace nel padroneggiare una G-Pen, per cui è impossibile giustificare certe tavole assolutamente improponibili. Ho condotto parecchie ricerche sulla questione: perchè a Togashi sono stati perdonati un centinaio (se non più) di capitoli composti da schizzi frettolosi e ambienti vuoti, quando altri autori hanno dovuto vedere la loro serie chiudere per molto meno? La risposta, nascosta tra il complesso intreccio di leggi e legami che complica il mondo dell’editoria giapponese, me l’ha data proprio la moglie di Togashi, Naoko Takeuchi, autrice che ha realizzato Sailor Moon. Ebbene, nel 1999, quando HH era pubblicato da circa un anno, la Takeuchi venne richiamata dalla sua casa editrice per firmare un nuovo contratto che, sebbene prevedeva la produzione di nuovo materiale (ma molto poco), al centro delle trattazioni c’era sicuramente la riconferma della concessione alla Kodansha di sfruttare il marchio Sailor Moon. Perchè, come alcuni già sapranno, i diritti di copyright sono posseduti solo dall’autore (o dagli autori, se più di uno) che stipulano un contratto con una casa editrice che si preoccupa della pubblicazione, di gestire alcuni aspetti della produzione… casa editrice che non è necessariamente in possesso di diritti sulle opere che pubblica. Alcuni di voi ricorderanno che nel 2012 in Giappone si parlava di cambiare queste leggi, che avrebbero permesso alle case editrici di entrare in possesso dei diritti, cosa che avrebbe concesso loro anche di punire violazioni come cosplay e doujinshi che gli autori invece gradiscono e rispettano come pubblicità gratuita e conferma del loro successo (e perchè molti di loro hanno militato nell’ambiente dei doujinshi). Alcuni ricorderanno anche la frettolosa chiusura di Negima da parte di Akamatsu, mangaka chiaramente schierato in prima linea contro questa nuova legge, o la quasi-chiusura di Claymore da parte di Yagi.
In sostanza, ritengo che Togashi sia ancora tra gli autori “attivi” della Shueisha proprio perchè, se venissero meno alcune condizioni contrattuali, la casa editrice dovrebbe ridiscutere con questo mangaka la possibilità di stampare, e usare nelle sue immagini promozionali, sia Yu Yu Hakusho che HH. Tutto questo perchè Togashi è fra i dieci autori che ha venduto più volumi nella Shueisha (i suoi due manga contano oltre 100 milioni di copie in circolazione). La mia ipotesi è che i termini del contratto siano già stati ridiscussi nel 2011, anno in cui venne rilanciato questo manga e prodotta una nuova serie animata più curata che sta riscuotendo un innegabile successo… Non sappiamo quali siano le clausole specifiche di ogni contratto, è certo che la Shueisha paga agli autori una certa somma proporzionata al successo del manga; i contratti inoltre devono avere delle clausole che possano permettere alla casa editrice di chiudere una serie se non riscuote successo (i contratti delle matricole, soprattutto, devono essere molto chiari sotto questo aspetto) e per questo penso che l’attuale andamento della serie tra anime e manga sia stata ampiamente ridiscusso: è plausibile che, quando l’anime avrà raggiunto il manga, potrebbero esserci delle novità. Perchè le condizioni contrattuali di Togashi sono sicuramente particolari, e diverse da quelle dei suoi colleghi. Ho come la sensazione che HH resti presente nella lista dei manga di Weekly Shonen Jump solo per il prestigio che attualmente questa posizione conferisce; la situazione di Togashi è problematica ma non senza soluzione, sicuramente saranno state vagliate varie opzioni come un trasferimento su Jump Square (mensile), o l’affiancare all’autore uno o due disegnatori lasciandogli il solo compito della sceneggiatura. Le soluzioni c’erano, per ragioni che ignoriamo non è stato fatto niente… e se fossi un mangaka, osservando la situazione di Togashi e del suo pubblico numeroso, probabilmente mi arrabbierei.
Poi penso a Guyver, Berserk e Bastard!!.. e mi ricordo che ci sono autori dalla produttività più rarefatta. Ingiustificabile, a volte. Lungi da me colpevolizzare Togashi, ma non vorrei neppure che le sue presunte condizioni di salute, così gravi da rendergli impossibile procedere nel lavoro (a quanto pare soffrirebbe per lo stress che tutti i mangaka di successo devono tollerare), fossero una valida giustificazione a una situazione che poteva essere affrontata in tanti modi che avrebbero soddisfatto autore e lettori.
Consigliare la lettura di HH è difficile, per motivi abbastanza ovvi. Serve molta pazienza per districarsi tra le tutte quelle tavole che tante volte mi hanno quasi sconfitto, e fatto venire voglia di lasciar perdere. Ed è per tutti gli elementi presentati nella prima parte (e perchè mi permette di affrontare questioni complesse) che ho deciso comunque di metterlo nella prospettiva: non voglio negare che sia un manga “brutto da vedere“… se mi permettete un “brutto” paragone, anche le persone “brutte” possono avere qualcosa di “bello” da dire. Ciononostante è molto difficile procedere, perchè sebbene i capitoli non siano poi così tanti, l’aspetto grafico finisce per appesantire l’esperienza. Insomma, HH è un manga in cui l’autore non mi pare essere stato professionale in tutti i suoi aspetti.
Però in esso ha saputo combinare e rinnovare tantissimi elementi proponendoli in chiave moderna. Togashi è stato, negli anni ’90, uno degli autori a metabolizzare e sfruttare nel modo migliore le influenze che il mondo dei videogiochi stava avendo sui lettori giapponesi: videogiocatore a sua volta, sapeva benissimo che altri appassionati avrebbero notato quei dettagli messi qua e la, senza per questo precludere la lettura a coloro che non hanno passione per prodotti videoludici. E non mi riferisco a Greed Island, ma un po’ a tutto HH. Non solo, probabilmente maturato dopo l’esperienza di Yu Yu Hakusho, il matrimonio e la sua amicizia con Hagiwara, è diventato uno dei migliori nella Shueisha nel presentare elementi passivamente recepibili, o riscontrabili solo da quella parte del pubblico che li cerca e li vuole leggere. Come l’omosessualità. Non è un caso che esistano molti doujinshi yaoi (dai contenuti espliciti) di HH, perchè Togashi ha lasciato volutamente intendere la possibilità di leggere il suo manga in quest’ottica, soprattutto calcando la mano con alcuni atteggiamenti di Hisoka (non ho voglia di mettermi a spiegarvi cos’è uno “shotacon”, un “seme” e un “uke”). Fino all’uscita di Kuroko no Basket non avevo mai visto la possibilità di leggere così chiaramente dinamiche del genere in un manga Jump, se non forzando certe interpretazioni in Naruto (guarda un po’, di Kishimoto, allievo di Togashi; sta a voi decidere se credere alle coincidenze). Le doujinshi di questo tipo esistono praticamente per ogni manga di successo, ma raramente le ho viste incoraggiate come in HH.
Forse è proprio in virtù di uno status nella Shueisha, conquistato grazie a Yu Yu Hakusho, che Togashi mi pare il mangaka con la catena più lunga tra tutti quelli che lavorano per questa casa editrice: altrimenti non riesco spiegarmi certi suoi modi di operare, che paiono non tenere minimamente in considerazione quelli che sono i canoni narrativi del genere shonen, delle classifiche di gradimento, e dei tempi editoriali. Togashi, a differenza degli altri autori che rappresentano la crème de la crème della terza generazione, si è avventurato nello shonen a lunga durata da una posizione di partenza che gli ha concesso di poter azzardare, magari presentandosi come avanguardista per i suoi colleghi più giovani, che stavano raggiungendo il successo contemporaneamente ma erano alla loro prima opera impegnativa. HH mi stupisce spesso come manga perchè riesce a destare reazioni che non mi aspetto di avere durante la lettura di uno shonen: mi prende alla sprovvista al punto tale da disorientarmi. Togashi riesce a coinvolgere il lettore (che lo segue) in un mondo dove, sebbene vengano raggiunte vette di entusiasmo e allegria notevoli, nulla è edulcorato; anzi, la crudeltà con cui l’autore a volte orchestra la sua vicenda è da applauso (crudeltà di stampo differente da quella di Michiaki Watanabe ne il Violinista di Hamelin). Egli è un altro di quegli autori che ci dimostra come nello shonen manga non sia così necessario appiattire i contenuti… e che la tradizione può essere vissuta e tenuta presente senza che rappresenti necessariamente un peso.
Ci stiamo avvicinando, lentamente, al cambio di millennio, e al momento in cui il cambio generazionale comincerà a essere definitivo. Dallo scorso appuntamento i titoli in ballo si stanno facendo più famigliari a molti di voi, e come starete già immaginando, mentre questa prospettiva storica si avvicina alle origini del vostro metalinguaggio shonen, si allontana dal mio (sempre che non siate vecchi come me). Quindi potrebbe cambiare il mio modo di presentare alcuni titoli, potrebbero aumentare i “se” e i “ma“, poichè più vado avanti più mi rendo conto che distaccarmi dall’esperienza soggettiva è difficile. Constatazione che mi sta portando a revisionare molti dei punti che affronterò nei prossimi articoli, per evitare il rischio di procedere sulla corsia sbagliata. Andrò comunque avanti fino all’ultimo titolo programmato, forse a tentoni come un mangaka in piena crisi. Spero come sempre di aver scritto qualcosa d’interessante. Vi saluto, vi ringrazio, e rimando tutto al prossimo appuntamento, anche esso di grande impatto grazie a un altro manga che vedrete… “si accenderà nel cielo come una promessa“.
Edit: aggiungo alcuni omaggi di Togashi a Kishimoto.
































