C’era una volta un comunissimo ragazzino giapponese che viveva quotidianamente una situazione di guerra aperta con le sue due sorelle gemelle minori, che stanco di essere lasciato da parte e maltrattato si rifugiava nella sua camera da letto a leggere manga degli anni 70 e sfogliare libri dei più famosi artisti contemporanei, sia giapponesi che occidentali. Questo ragazzino, per scherzo iniziò a disegnare manga, e segretamente cominciò a inviare i suoi lavori a concorsi e case editrici finchè una di queste, la Shueisha, mise gli occhi su questo giovane, acerbo ma promettente: era il 1981 e Buso Poker vinceva l’Osamu Tezuka Awards. Il successo però si fece aspettare fino al 1987 quando, ispirato sia dal disegno che dalle tematiche del lavoro del duo Buronson/Hara, il giovane oramai ventisettenne pubblicava il primo capitolo de Le Bizzarre Avventure di Jojo. Di questo manga, soprattutto della prima serie, ho sentito dire tante cose, belle e brutte, ma nessuno può toglierlo dalla lista dei manga più belli e amati di sempre.

Ho deciso di essere cattivo, acido e pungente come in altri frangenti sono stato nei mesi precedenti: troppo spesso sento dire che “non riesco a leggerlo perchè il disegno è brutto”. Affermazione che non condivido, non giustifico e soprattutto non farò nessuno sforzo per comprendere poichè come si dice, un libro non si giudica dalla copertina. È disegnato male, e allora? Phantom Blood ha un carisma tale che gli autori oggi devono sudare sette camicie per darne uno pari alle loro opere, poichè non siamo più negli anni ’80 dove tutto era diverso, e per certi versi più semplice. Indubbiamente però, ad un adolescente di oggi, abituato a un certo tipo di prodotto, la lettura di Jojo può risultare poco interessante: ebbene dal 2012 nessuno ha più scuse perchè è stato realizzato un adattamento animato al dir poco spettacolare. Non sto cercando di cambiare queste persone, spero soltanto che Rat-Man vada a fuoco tra le loro mani. (A buon intenditore poche parole ndRegola.)

Probabilmente Araki non aveva idea di cosa stava creando nel 1987, credo si concentrasse sul lavoro per dare il meglio di se, eppure dopo oltre venti anni i personaggi della prima parte si ergono in alto, eroici, divini, mitizzati, rispetto a tutti quelli comparsi successivamente: Jonathan e Dio sono coloro che hanno dato inizio a tutto. È impossibile dividere questi due personaggi, amici e nemici nello stesso momento, cresciuti come fratelli e destinati ad affrontarsi per stabilire le sorti del mondo: per certi versi scelti come rappresentanti della luce e dell’oscurità, del bene e del male, fin dal loro primo incontro inizia a tessersi intorno a loro una trama di sangue e tragedia. Ironicamente entrambi sono condannati a permettere la crescita dell’altro: se non fosse stato per Dio, Jonathan sarebbe stato un debole nobilotto e senza questi Dio non avrebbe mai scoperto il segreto della Maschera di Pietra e raggiunto l’immortalità. Fino alla fine, confrontarsi permette ad entrambi di superare i loro limiti, sfondarli e compiere l’impossibile, fino alla fine, su quella nave dove Jonathan emana la sua ultima onda e anche Dio resta in silenzio, contemplando il volto esanime di suo fratello. Ci sarà tempo per parlare dei poteri e delle tecniche che acquisiscono nel corso della storia, per ora voglio soffermarmi sul loro spirito.
Jonathan Joestar, il primo Jojo, si differenzia da tutti i suoi discendenti per una crescita e una maturazione completa nel corso della serie, non solo dal punto di vista del controllo delle Onde Concentriche, ma anche riguardo ai suoi valori e obiettivi. Il primo Jojo vuole essere un gentil’uomo ed essere d’aiuto a tutte le persone che possono aver bisogno di lui e nonostante la sua debolezza mostra un ammirevole spirito di sacrificio, ma si tratta poco più di un bambino che sventola una bandiera troppo pesante per lui. Crescendo rimane la stessa persona dedita ad ideali di giustizia, ma il suo sguardo è diretto alle persone intorno a lui, principalmente il padre ed Erina ma anche lo stesso Dio, poichè Jonathan è consapevole di essere in parte responsabile per la follia consumata nella sua abitazione. Se doveste interrogarmi su quale sia la caratteristica specifica di Jonathan in quanto Joestar (come ben sapete ognuno di essi ha le sue peculiarità) credo sceglierei “l’umanità”: Jonathan si dispera ma non si lascia vincere dai sentimenti negativi contrastando i suoi nemici con il solo coraggio, che come ben sapete è la vocazione propria dell’eroe, ama e odia, prova rabbia e tristezza… quanti di voi si sono accorti che questi sei punti corrispondono anche alle emozioni di base che bisogna conoscere per padroneggiare la Muso Tensei dell’Hokuto Shinken? Adoro Phantom Blood e questo personaggio, forse infantile, forse sciocco, ma dedito ai suoi ideali fino alla fine: penso che nella letteratura di ogni genere abbiano più impatto i grandi eroi che si distinguono per dei piccoli gesti, forse perchè solo attraverso essi è possibile vedere la grandiosità (vi esorto a ripensare a qualche poema epico o romanzo fantasy e ai loro momenti più commoventi, personalmente i primi che mi vengono in mente sono la discussione tra Achille e Priamo al termine dell’Illiade, o le azioni di Samvise Gamgee dal momento in cui la Compagnia si scioglie a quando si carica Frodo sulle spalle alle soglie del Monte Fato…).

Dio Brando. Presente da anni nella mia Top 3 dei cattivi manga più belli (insieme a Benares e Makoto Shishio) è per certi versi anche il cattivo meglio riuscito e più apprezzato di Araki. Nel suo bizzarro manga questi tende a dedicare molto spazio ai suoi antagonisti, molto più che in altri manga, rendendoli spesso protagonisti della vicenda e degli avvenimenti in corso; in Jojo viene a mancare quella sensazione di inarrivabilità che certi cattivi portano con se. In un manga classico il nemico è il traguardo di un lungo viaggio, fatto del superamento degli ostacoli che questi invierà…si tratta della struttura tipicamente “shonen” usata in Stardust Crusaders. Dio, Kars, Yoshikage Kira, Diavolo… hanno dedicati spazi in cui la loro psicologia e la loro personale vicenda viene esplorata (magistrale quella di Kira ndRegola) e presentata con maniacale precisione, al punto tale che conosciamo i cattivi meglio dei buoni. Si potrebbe dire che Araki conoscesse l’espressione “il successo di un film sui supereroi dipende dal cattivo“, e che soprattutto preferisca rendere questi personaggi così importanti per la trama partecipi di essa quanto più possibile. Ma stavo parlando di Dio… questi è astuto, perversamente maligno, ma allo stesso tempo passionale ed emotivo con un temperamento al dir poco “esplosivo” sebbene il suo potere principale sarà quello del congelamento! La sua principale caratteristica è sicuramente l’ambizione, anche ereditata da Giorno, che lo porta a cercare di rimuovere tutti gli ostacoli che lo dividono dalla fama e dalla ricchezza, conscio di potersi conquistare. Forse, con un padre vagamente decente, con una vita meno dura, Dio avrebbe naturalmente raggiunto i suoi obiettivi in altro modo, ma la sua esistenza può essere una prova della mano del destino che si muove, in modo imprevedibile, dietro la narrazione di Araki…

Ho parlato di destino e predestinazione… non vorrei essere frainteso, non credo Araki voglia dirci che vi siano realmente state forze che hanno allestito questo palcoscenico e scelto i loro rappresentanti per portare avanti una lotta millenaria, tuttavia che si chiami caso o destino è innegabile che Jonathan e Dio dovevano incontrarsi, conoscersi e combattersi. L’esito del loro ultimo scontro è tragico, Jonathan muore e Dio si impadronisce del suo corpo sopravvivendo all’esplosione della nave su cui si svolse l’ultimo scontro, eppure, quando un secolo dopo risorgerà dalle profondità marine per minacciare di nuovo il mondo sarà in qualche modo diverso. Il Dio di Stardust Crusaders mantiene il suo spirito, ma è quello di un uomo sconfitto, vergognosamente “sopravvissuto” al suo nemico mortale: forse più potente, “tenuto in piedi” probabilmente dal fatto di possedere il corpo di Jonathan ed essere per questo da sempre insieme a lui, tuttavia commette nuovamente l’errore di far arrabbiare un Joestar.


