Il Giappone, cavalcando l’onda scandalistica suscitata dall’arrivo sul mercato di Rapelay, di cui avevamo già discusso, ha deciso di mettere al bando tutti i cosiddetti “rape games“. Per chi fosse digiuno di inglese, ricordiamo che il termine rape indica l’atto dello stupro e, pertanto, facciamo riferimento a tutto quel filone di videogames in cui vengono riportati esplicitamente contenuti riguardanti abusi sessuali, meglio se simulati in prima persona dal videogiocatore. La notizia è stata ufficialmente riporta dalla TBS, meglio nota come Tokyo Broadcasting System, un’agenzia di stampa Giapponese la quale afferma che l’intera produzione del genere rape dovrà essere sottoposta a “pesanti” restrizioni. Resteranno delusi quanti si aspettavano una radicale eliminazione delle scene di sesso e violenza perchè pare infatti che la limitazione verrà ad influenzare in maniera più vistosa la sola libertà di espressione all’interno di questi videogame. Un pò come quando in televisione non si possono dire parolacce. Secondo le ultimissime indiscrezioni della EOCS (Ethic Organization for Computer Software) saranno vietate immagini di schiavitù, stalking e violenza domestica, mentre sarà permesso un 20% di violenza sessuale per quel che riguarda i contenuti hentai. Certo è che definirlo un procedimento controverso sembra un banale eufemismo. In ogni caso non sono affatto contenti i produttori di videogiochi del genere che, per non rimuovere dal mercato le loro creazioni dovranno sottoporre queste ultime ad una revisione più o meno profonda, con annessi aumenti di spese di capitale. Inutile dire che molti non vorranno sottoporsi a questi aggravi ed abbandoneranno i loro progetti, anche se questo potrebbe avere pesanti ripercussioni in un mercato che, da solo, compone circa il 10-20% della produzione totale di videogame nipponici. Basti pensare che il provvedimento, il quale sarebbe dovuto entrare in vigore in data 2 giugno, avrebbe coinvolto oltre 200 compagnie del settore! Mi permetto di parlare al condizionale anche a causa di un personale scetticismo nei confronti di questa restrizione, che oltre ad essere controversa già nella sua idea di fondo, mi pare anche malamente attuata.
Da profondo sostenitore della libertà di parola quale sono, mi trovo personalmente contrario a qualsiasi forma di censura, anche e soprattutto nel caso in cui questa venisse riservata a opinioni differenti dalle mie. Per fare un esempio un pò più pragmatico, anche un nazista, per quanto mi possa risultare antipatico, dovrebbe vedere tutelata la propria libertà di espressione, fintanto che questa non sfocia nell’istigazione a delinquere (reato infatti previsto dal codice penale italiano). E proprio in questo ambito, per quel che concerne la produzione multimediale, la questione si fa più ampia e spinosa. Come non ricordare gli scandali suscitati dai vari GTA, Manhunt, Mafia e Il Padrino, che pure sono ancora in circolazione con tutta la loro ricchezza di contenuti. Eppure anche quì il protagonista è “il cattivo” che viola la legge, ruba e uccide indiscriminatamente, ma al di là della parentesi moralistica, le prediche sembrano spesso risolversi in un fuoco di paglia. Forse il furto e l’omicidio appaiono come cose relativamente “normali” nel mondo di oggi e ci preoccupiamo di più che i nostri figli diventino dei disturbati sessualmente repressi rispetto a dei truffatori o degli assassini, ma non credo faccia male ricordare che, al di là di tutto, le pene per l’omicidio sono tuttora più severe di quelle per abuso sessuale.