Usciamo dalla routine dei miei articoli ordinari per addentrarci, come avete già intuito dal titolo, in un approfondimento che ci è permesso dalla natura alquanto particolare di una serie anime di qualche anno fa… era il 2007 quando usciva School Days, tratto da un eroge del 2005 che riscosse un certo successo. Molti di voi già conoscono questo titolo, e quindi potreste già immaginare di cosa andremo a parlare quest’oggi, perchè non si tratta di una semplice recensione, ma di un’analisi più approfondita su uno degli anime che ha rappresentato, negli ultimi anni, un’inversione di rotta nelle modalità in cui vengono gestite serie di stampo romantico, con connotazione harem. Quindi per seguire appieno questa trattazione è necessario aver visto la serie, anche perchè l’articolo contiene svariati elementi spoiler… uomo avvisato mezzo salvato, si sente spesso dire.

Come se il motivo per cui School Days è famoso non fosse noto ai più, anche a quelli che non hanno visto la serie.. ma ci tenevo ad avvertire coloro che seguono i miei approfondimenti dei rischi della lettura di queste frasi. Potrete sempre tornare quando avrete visto la serie di dodici episodi prodotti dallo Studio TNK, con la supervisione della Overflow, che si occupò del gioco. Un eroge nel vero senso della parola: come sempre vorrei ricordarvi che i videogiochi comunemente definiti “hentai” sono chiamati in questo modo, e si differenziano dai galge, poichè i secondi sono privi di elementi erotici. Anche l’anime di School Days, progettato come seinen e non come shonen, non si fa mancare scene di questo tipo… nulla di che comunque.

Protagonista della vicenda il tipico studente delle superiori, Makoto Itou, alle prese con i problemi derivanti dal suo primo amore: invaghitosi della “lontana” Kotonoha verrà inaspettatamente aiutato dalla compagna di banco Sekai, e si fidanzerà con la ragazza dei suoi sogni. Cosa strana, se avete visto diversi anime di genere romantico, perchè di media il sogno d’amore viene coronato dopo svariati episodi di sofferenze e indecisioni… non può essere una cosa positiva neppure in virtù della legge che gli anime hanno ereditato dagli eroge: se la conquista è troppo facile si tratta di una brutta cosa. Infatti le prime incomprensioni tra Makoto e Kotonoha non tardano ad arrivare per una strana incompatibilità tra i due, ma Sekai interviene e “addestra” Makoto a essere un bravo fidanzato, finendo per andarci a letto essendone a sua volta innamorata. Da lì in poi le menzogne cominceranno ad accumularsi, così come le incomprensioni che complicheranno ulteriormente la situazione, fino alla trasformazione di Makoto in un sociopatico interessato unicamente al sesso, il cui “possesso” è ambito da svariate figure femminili sedotte (o seducenti). Makoto lascerà Kotonoha troppo tardi per impedire che questa diventi una vera e propria yandere: nel frattempo però ha messo incinta Sekai rovinando la fama di “grande amatore” che si era costruito. Tornerà tra le braccia di Kotonoha (perchè nessuna ragazza vorrà più avere a che fare con lui) per liberarsi di Sekai, consigliandole anche l’aborto, ma la giovane non sopporterà oltre la situazione e ucciderà con svariate coltellate Makoto, per essere poi decapitata da Kotonoha, completamente impazzita. L’anime termina con Kotonoha che abbraccia la testa di Makoto, sicura che ora il suo ragazzo non la abbandonerà più.
Bello, eh? Quando qualcuno commenta uno shonen harem chiedendomi perchè il protagonista “non arriva al sodo” con i vari personaggi femminili vorrei ricordargli dell’esistenza di School Days. Il finale di School Days, ovviamente, è stato al centro di critiche e polemiche che hanno costretto le emittenti televisive ad aspettare per trasmettere l’ultimo episodio: interessante come tutte le novità vengano sempre mal recepite dalla fandom, soprattutto quando tutti godono nel vedere storie di perdizione e “perversione“. Io ritengo che School Days, invece, sia un anime fecondo di significato, proprio perchè la relazione tra i vari personaggi e il loro modo di comportarsi è spaventosamente verosimile. Credo che, come sia potuto succedere con Aku no Hana, molti possano sentirsi intimoriti dall’idea che il male esista, e dal vederselo dipinto come così prossimo e reale in quella che è una passione, come l’animazione, il cui principale scopo è l’evasione dalla noia quotidiana. Ma la cosa che probabilmente molti ignorano, è che il gioco di School Days possiede più finali positivi che negativi (15 contro 3) ma era rimasto noto proprio per i suoi esiti drammatici (i giocatori di eroge completano il gioco tutte le volte necessarie per vedere tutti i finali), e la serie è stata costruita prendendo elementi dalle varie route in cui Makoto degenera, e la storia finisce con uno o più omicidi. Eppure ci sono sette finali con Kotonoha, cinque con Sekai, ci sono persino due harem ending in cui Makoto vive felice con le due protagoniste entrambe in dolce attesa. Quest’oggi, tuttavia, il centro del mio approfondimento è spiegarvi cosa succede in quei dodici episodi dell’anime, per rispondere alla domanda: è davvero tutta colpa di Makoto?

Pagherei per avere un mondo organizzato secondo categorie precise e assolute. Purtroppo no, non si può parlare di colpa assoluta ma di responsabilità parziali: forse Makoto se ne prende una fetta bella grossa ma non vuol dire che le figure femminili siano prive delle loro colpe (è molto “facile” in situazioni del genere attribuire la colpa solo all’uomo). Makoto, viene descritto come un sociopatico che sviluppa una dipendenza al sesso, ma questo, nel linguaggio che “parlo io” vuol dire che il protagonista è sostanzialmente una persona incapace di empatia nei confronti dell’altro (empatia, come capacità di lasciare spazio all’altro senza che il proprio, di spazio, venga annullato) che usa il sesso allo stesso modo in cui un tossicodipendente userebbe una dose. Perchè è di quello che si parla, non di amore, non può esserci amore quando non c’è empatia, e quindi incapacità di accettare e lasciare spazio per l’altro (spazio in cui io sono io, tu sei tu, e noi è un’aberrazione) che viene vissuto solo come uno strumento da usare finchè è possibile per ricaricare le proprie batterie: per Makoto il sesso diventa meccanico, la sua funzione è chiaramente anti-depressiva (che sia per il rilascio di ormoni o l’autostima che prova nell’essere un grande seduttore) e diventa un po’ lo spacciatore della scuola, il partner senza impegno che svariate studentesse decidono di provare. Proprio come una droga.

È importante sottolineare una cosa: non si diventa sociopatici (o qualunque altra cosa) di punto in bianco, senza preavviso. I processi mentali sono dinamici, in qualche modo lineari nella loro non linearità, e la mente è un continuo trasformarsi di qualcosa di pre-esistente: si può dire che Makoto era portato a sviluppare comportamenti sociopatici. La frase di Sekai “una volta eri diverso, ti preoccupavi veramente degli altri” conferma questa mia visione di Makoto: la capacità di capire l’altro può essere messa da parte, ma non può essere dimenticata completamente, ed è proprio l’assenza di senso di colpa in Makoto che mi fa considerare i suoi comportamenti come sempre mimati o stereotipati. È come se Makoto non avesse mai saputo rapportarsi con l’altro, e si limitava ad essere gentile perchè “è normale essere delle persone oneste e disponibili, tutti se lo aspettano“, ma la gentilezza recitata, non reale, solo manifesta, è inutile e viene meno quando ci si imbarca in una relazione sentimentale. A un certo punto Makoto si rende conto che non è sufficiente “fingere” di preoccuparsi, e che avere una ragazza è veramente difficile, sviluppa un’idea della relazione uomo-donna in cui il primo deve tutto alla seconda. Ma a fargli sviluppare quest’idea è Sekai, non Kotonoha.
È buffo come Sekai cerchi di plasmare Makoto, trasformandolo nell’amante che vorrebbe per se stessa senza mai abbandonare la convinzione che sia tutto per il bene di Kotonoha. Ho implicitamente compreso School Days quando mi sono reso conto che il nome dei personaggi principali rappresenta, simbolicamente, quello di cui hanno bisogno:
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Sekai, (Mondo) necessita di uno spazio in cui la sua esistenza possa essere confermata, perchè da sola si lascia andare facilmente a crisi depressive che si manifestano con un ritiro dalla realtà; Sekai brama Makoto perchè questi è, a suo avviso, l’unica persona che amandola possa leggittimarla a sentirsi viva, a esistere. Una necessità che Sekai sente forte e nasconde, che nasce probabilmente dal fatto che non ha un rapporto con la madre e non ha un padre (la prima lavora, il secondo è assente). Mondo anche come recinto, il luogo dove gli spazi sono delimitati, e conoscibili;
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Kotonoha, (Parola) non ha bisogno invece di vedersi costruito uno spazio in cui “esistere senza temere l’annullamento” bensì di essere conosciuta, di comunicazione, di avere davanti una persona che si apra e accetti la sua apertura non trattandola come una principessa. D’altronde, se Makoto commette degli errori è anche vero che Kotonoha è disposta a perdonarlo nelle prime battute della serie, ma quando il protagonista trova in Sekai la sua valvola di sfogo finisce per chiudersi definitivamente nei confronti di quella che, stando ai fatti, è ancora la sua ragazza.
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Secondo questa ricostruzione, sembrerebbe quasi che Kotonoha sia la vittima. Vittima dell’incapacità di esprimersi del suo ragazzo, dell’intromissione di praticamente tutti nella sua relazione, vittima anche di bullismo (è odiata per ragioni non chiare nemmeno alle sue compagne di classe, in quanto manipolate da Otome), ma Kotonoha è anche vittima di se stessa, perchè una volta lasciata da Makoto perde se stessa, tutto per quel seduttore impenitente, che non ha neppure conosciuto (e poi ogni vittima è anche carnefice). Questo perchè (è un pò l’aspetto meno convincente, forse, di tutto questo quadro) non riesco a fare a meno di convincermi del fatto che Kotonoha, come Sekai, cerchi in alcuni momenti della serie di usare il protagonista come panacea per i suoi sintomi depressivi, e come Sekai si lascia andare a manifestazioni di carattere tipicamente masochistiche, proprio come quelle donne che rovinate da un amante infedele o violento cercano “salvezza” nel ruolo di uniche possibili salvatrici (perpetuando questo circolo vizioso dannosissimo). Depressione per tutti e tre, in pratica, ma cambiano i comportamenti difensivi: Makoto fugge attraverso il sesso, Sekai si ritira nel suo mondo interiore e Kotonoha nega la realtà dei fatti.
La condanna dei rapporti umani è che non possono essere più “maturi” della persona meno “matura” che partecipa ai giochi, e quindi così come Makoto non si relaziona con le sue amanti, queste a loro volta non si relazionano con lui e utilizzano la sua figura per il loro scopi. Da qui, la strada per la gelosia, il possesso e l’omicidio è breve. Poichè Makoto (che non si relaziona) ha la stessa funzione di un manichino, è un simbolo, un feticcio da possedere per vantarsene (che sia un bimbo o una testa), per essere vincenti, e poco importa quindi se sia vivo o morto.
Ci vediamo a Lucca!




