Morire per qualcosa – Sulle tracce di Naruto (34)

Visto l’addio più che “eccellente” dell’ultimo capitolo (614), vorrei oggi parlare di uno degli aspetti che ritengo più significativi e meglio sfruttati nel manga di Naruto, ovvero la morte dei protagonisti. Ho volutamente escluso dal discorso alcuni personaggi buoni (Chiyo) e tutti i cattivi per motivi di spazio ma anche perchè penso che non siano stati personaggi sufficientemente incidenti sul percorso di “filantropizzazione” protagonista (Zabuza ad esempio).

Premetto che non voglio dare un tono di oggettività, il tutto resta una mia personale opinione: Kishimoto ha sempre un obbiettivo quando decide di far morire, o resuscitare, i suoi personaggi. Ciascuno di questi episodi ha segnato nel manga delle svolte epocali o generazionali, ha segnato delle maturazioni, anche nel controverso episodio della resurrezione di massa a Konoha.

Dipartita del Terzo Hokage: questa è stata la prima, vera, inaspettata e tragica morte che si ricorda nel manga, la prima che riguarda un personaggio tra i “buoni” in quanto la morte di Zabuza, per quanto bella e coinvolgente, è trattata da un punto vi vista differente, esterno dalla prospettiva di Naruto e dei suoi compagni. La morte di Hiruzen segna la fine della sua generazione, fine che si concretizzerà come vedremo pià avanti con al morte di Danzo. Il buon Quarto Hokage dimostra che non è lui il solo pilastro che sostiene la foglia, la sua sconfitta non decide le sorti della battaglia, questo episodio è il punto chiave che ci permette di comprendere il retaggio che gli antenati della foglia tramandano ai loro successori: prima di questo momento la Volontà del Fuoco è solo accennata, da ora diventa una chiave di lettura per i comportamenti di ogni membo del villaggio, partendo dal protagonista e dalla sua voglia di preservare tutti i legami instaurati con Sasuke e coi suoi compagni ma anche e soprattutto di proteggere il “Re” di Konoha, ovvero la generazione futura. Penso che questo sia il momento in cui Naruto comincia a maturare la voglia di diventare Hokage per uno scopo che non sia la sola soddisfazione personale: il parallelo con Obito, ad esempio, da questo punto di vista è chiaramente contrastante.

Morte di Asuma: l’addio di Asuma chiarisce sopra ogni cosa la pericolosità dell’organizzazione che dà la caccia ai demoni codati e quindi a Naruto. Questo passaggio è essenziale perchè il protagonista comprenda la centralità della propria posizione nello scacchiere mondiale. Mentre la morte di Gaara non poteva incarnare questo sentimento in quanto egli era un “cattivo recuperato”, uccidere in modo così spietato e cinico uno dei grandi maestri e buoni del manga sancisce definitivamente il fatto che Naruto non è un protagonista qualunque in questo gioco delle parti. Questa morte è accompagnata da un làscito molto importante, i giovani Chunin e Jonin di Konoha da questo momento iniziano a comprendere quale sia l’oggetto del loro sacrificio, quale sia il “re” del mondo dei ninja: i giovani. In questo passaggio Naruto passa da allievo a maestro, diventa un protetto ed un protettore, è un momento fondamentale nel suo percorso di ricerca della pace iniziato con la mutua comprensione tra lui e Gaara nella prima parte del manga. Asuma tornerà come Riesumato (solo per pochi capitoli) ma non inciderà sul messaggio lasciato alla nuova generazione.

Fine di Jiraya: se prima di questo momento la pace era un utopia lontana, un ambizione infantile, da ora in avanti Naruto comincia a prendere coscienza riguardo la propria responsabilità. “Potere è dovere“, ebbene Jiraya ci lascia con questa consapevolezza. La sua morte serve al protagonista per domandarsi su quale sia il suo scopo e quali siano i suoi compiti in quanto Jinchuriki ed allievo di Jiraya, in quanto portatore della Volontà Ardente, da questo momento, come in occasione della morte di Hiruzen, Naruto eleva il suo status: da ragazzino capriccioso a ragazzo consapevole, a uomo di principi universali fino a filantropo, Naruto sente ora tutta la responsabilità del sacrificio e del disegno di Jiraya.

Addio di Itachi: in modo molto simile a quanto detto nel paragrafo precedente, questo momento coincide, ma in modo opposto, a quello in cui Naruto accoglie il suo destino. Sasuke crede di compiere il proprio destino ma le parole di Tobi lo plagiano definitivamente trasformando la morte di Itachi, la fine del suo viaggio, nell’inizio di un cammino di vendetta e privazione. Sasuke in questo momento accoglie il proprio compito di elemento disturbatore della pace, la guerra a tutti gli effetti viene scatenata proprio da lui dopo che cattura Bee. Il ritorno di Itachi come Riesumato serve a lui per dare l’addio a Sasuke, saluto mai concesso al suo fratellino: questo però non cambia lo stato delle cose, non cambia la volontà dell’erede degli Uchiha di annientare coloro che hanno annichilito il suo Clan, la morte di Itachi è e resta il fattore scatenante di questo odio che prima era concentrato tutto sulla figura del fratello genocida.

Fine di una generazione e di Danzo: la fine dell’epoca dei vecchi è cominciata con la morte di Hiruzen e si conclude con quella di Danzo. Siamo però certi che questo cerchio sia completamente chiuso? Due dei quattro consiglieri che condannarono il clan Uchiha all’estinzione sono morti, due (Koharu ed Homura) sono vivi, vegeti e ricoprono ruoli di prestigio a Konoha. Sono quasi certo che la loro partita e la loro influenza non sono finite, io credo che ricopriranno ancora un ruolo da qui alla fine del manga, ruolo che è quello di ultimi anelli della catena d’odio e vendetta.

Annientamento del Quartier generale: se vogliamo questo è il primo, vero addio a dei personaggi celebri durante la guerra (poichè Tsunade e gli altri Kage non si sa che fine hanno fatto) e Kishimoto non ci da nemmeno il tempo di salutarli a dovere, elimina ben quattro personaggi “noti” (Shikaku, Inoichi, Ao e Mabui) in un colpo solo ed in un modo molto anonimo. Penso che questo rappresenti il compimento nella profezia di Nagato, “perdere persone care come fossero spazzatura“. Naruto deve ancora metabolizzare questo lutto, che già se ne presenta un secondo con la morte di Neji.

Sacrificio di Neji: “la tua vita non appartiene solo a te“. Penso che questa frase racchiuda tutto il significato dell’estremo gesto di Neji. Naruto come reagirà? Sembra di leggere un misto di disperazione e odio nel suo volto, proprio quei sentimenti che Nagato gli ha così tragicamente preannunciato e che sono cominciati a manifestarsi solo qualche momento prima. La morte di Neji rappresenta una pietra miliare su un percorso lungo una vita, non è il sacrificio per proteggere Naruto in quanto suo amico ma la scelta di abbracciare il suo destino, con stoicità e coraggio, per proteggere il vero “Re” del mondo dei ninja, i paesi civili ed i loro bambini che potrebbero finir preda di Obito e Madara.

Per venire al titolo dell’articolo, io credo che in Naruto si muoia (in modo definitivo) per qualcosa. Le morti di Gaara e Kakashi non avevano un significato profondo, non erano inserite in un contesto fondamentale per il protagonista come lo sono invece tutte quelle elencate, la loro piena Resurrezione è stato un espediente per metterci in guardia sugli avvenimenti che stiamo leggendo in questi capitoli. Orochimaru dal canto suo non ha mai dato prova di essere mortale, la parola “morte” per lui rappresenta solo un interruzione: se ricordate durante la sua presunta dipartita contro Itachi egli si aggrappa alla vita seminando serpenti bianchi sul campo di battaglia, tanto che personalmente ho sempre pensato che sarebbe tornato in questo modo. Credo invece che se Kakashi morisse in questa guerra (cosa che ritengo più che possibile) non ci sarebbe nessuna Resurrezione così come non credo ci sarà per Neji o per Shikaku, Inoichi ed Ao, questi rappresentano danni collaterali nel tragico processo di riappacificazione del mondo. Stento a credere che Kishimoto vanificherebbe un messaggio così forte con un’operazione di “fan-servilismo” simile, anche perchè fin’ora non lo ha mai fatto.