E torna anche la nostra rubrica!

 Salve salvino!

Eccoci di nuovo qui anche noi, dopo il week end del lucca comics! Spero sia stata una bella esperienza per tutti coloro che hanno partecipato, almeno tanto quanto lo è stata per me! Detto questo e lasciato l’ argomento kanji nella speranza che vi sia servito, vorrei ora andare a vedere le cose che mi sono state chieste la volta precedente. Mi sono accorta che 7 pagine sono veramente troppe da inserire qui o comunque da leggere senza impegno, quindi riporto qui i punti essenziali. Spero che comunque siate motivati e curiosi perchè non è un argomento dei più semplici!

Le differenze sociali nelle culture orientali e soprattutto in quella giapponese hanno origine nella loro tradizione e nello specifico nelle filosofie e religioni che hanno trovato terreno fertile in quei territori. E’ noto come la cultura giapponese sia sempre stata fortemente influenzata dai valori e dalla divisione in caste, provenienti dallo shintoismo e dal confucianesimo, che si rispecchia ormai da molto tempo nella società. Essi portano con se una gerarchia piramidale che vede al suo apice la figura dell’imperatore (figlio del cielo), e a scalare, gruppi di persone a cui viene riconosciuto sempre meno valore, arrivando come ultimi ai burakumin, i fuori casta.

A seconda della classe sociale, le persone avevano dei diritti, ma soprattutto dei doveri di rispetto e servizio verso le caste superiori; in questo modo fino ad oggi giunge la tradizione di un modo di fare diverso, dipendente dalla persona che si ha davanti: se è superiore a me che sto parlando con lei, pari a me, o inferiore. Partendo da questo presupposto nascono dei diversi registri linguistici che si usano parlando con una persona “inferiore” o “superiore” all’interlocutore. Accanto a questi si sviluppano anche due diversi linguaggi a seconda del genere(maschile e femminile)che, ancora, hanno l’ “utilità” di relegare i due generi di sesso ai loro ambiti e doveri all’interno della società. Fondamentale per quanto riguarda la diversificazione del linguaggio è inoltre il rapporto, legato ai registri linguistici, tra uchi e soto (interno/esterno).

Le interazioni umane hanno sempre il potenziale intrinseco di condurre ad uno scontro tra i partecipanti e il comportamento coinvolge una serie di accorgimenti per allontanare questa possibilità. Un concetto chiave in questo senso è quello della “cortesia”, segno della considerazione che ha il parlante verso l’ interlocutore, la quale si realizza attraverso comportamenti verbali e non verbali. Si possono distinguere due modi per la realizzazione della cortesia nell’uso del linguaggio: il discernimento (wakimae) e la volontà. Il primo consiste nel riconoscere e valutare nel contesto la situazione sociale in cui si stabilisce una relazione e in particolare nella società giapponese ci si aspetta da tutti un comportamento di questo tipo. In questo contesto le relazioni interpersonali sono influenzate dalla distanza sociale e psicologica che c è tra i partecipanti, che è determinata da vari fattori come ad esempio la differenza d’età, lo status sociale, il potere e il livello di intimità degli interlocutori. Quest’ultimo fattore molto importante si riferisce al senso di appartenenza del parlante, che è realizzato nella categorizzazione del destinatario all’interno del gruppo dell’ “uchi” o del “soto”. Mentre la parola “uchi” stà a significare un senso di relazione intima con le persone che vi appartengono, (ad esempio amici, partner,familiari), all’interno del gruppo “soto” stanno le persone che non si conoscono, o con le quali si ha una relazione più distante e distaccata. Anche la differenza d’ età assume un’importanza particolare in giapponese: i più anziani vanno rispettati, anche in famiglia o tra amici. Rientra in quest’ambito l’ ordine di nascita tra fratelli e sorelle e persino dei loro coniugi; ad esempio il marito di una sorella minore viene considerato inferiore al fratello maggiore di lei quando si trova tra i familiari di lei, questo anche se il marito fosse più anziano. Le convenzioni sociali richiedono che il parlante manifesti di aver riconosciuto la situazione in base a quanto appena detto, attraverso la scelta di precise espressioni linguistiche. Wakimae nella società giapponese significa il riconoscimento da parte del parlante del proprio posto all’interno della società stessa che si manifesta ulteriormente in situazioni formali attraverso l’usanza della jikosyokai (self-presentation), la quale sottolinea la posizione sociale propria dell’interessato. La volontà invece si riferisce all’intenzionale uso di espressioni col fine di ottenere un effetto di cortesia; il parlante in questo caso usa intenzionalmente delle strategie attraverso l’ uso di linguaggi ed espressioni per permettere al messaggio che vuole dare di essere ricevuto favorevolmente dal destinatario (è usato soprattutto nei paesi occidentali). Anche se lo scopo è lo stesso, attraverso il discernimento il parlante basa il suo comportamento su prescritte norme sociali per indirizzarsi al singolo, mentre l’ uso della volontà è orientato attraverso il bisogno di affrontare tutti i vari partecipanti.

Oltre al linguaggio in forma piana (o stile colloquiale), usato per lo più tra gli amici intimi e familiari (persone dell’uchi), esiste nella lingua giapponese un’ulteriore distinzione, il “keigo” usato per le persone considerate estranee a quel dato gruppo (e quindi persone sotto). Da questo punto di vista si può dire che il keigo è, oltre che un’espressione di rispetto, un’espressione che aiuta a mantenere la distanza tra due persone, e che il passaggio dal keigo al non-keigo significa per l’interlocutore un passaggio da estraneo ad amico, così come il passaggio dal “lei” al “tu” in italiano. Il linguaggio keigo è costituito da tre categorie: teineigo (espressioni cortesi), il kenjyougo (espressioni onorifiche) e il sonkeigo (espressioni umili). Il concetto giapponese della distinzione superiore/inferiore e uchi/soto varia a seconda della situazione nel momento del dialogo. Nella situazione in cui due persone X e Y parlano soltanto di sé stessi seguono semplicemente il criterio dei rapporti sociali. Se invece per esempio X è superiore a Y e i due interlocutori parlano di un’ altra persona assente, Z, la quale è superiore ad entrambi, la situazione diventa più complessa: ad esempio se Z è in stretti rapporti con Y, X dovrà ricorrere all’uso del keigo, ma se Z è estraneo sia ad X che ad Y l’uso o non uso del keigo dipende dalla posizione sociale di Z. Inoltre se X e Y (supponiamo siano fratelli) parlano di un’altra persona presente Z,che è superiore ad entrambi i fratelli (ad esempio un maestro), X e Y non potremmo più parlare di Z in stile “piano” ma dovranno usare il keigo. Un adeguato uso del keigo,soprattutto per quello onorifico e umile è quindi molto complesso e difficile anche per i giapponesi stessi.

??? – teineigo – (linguaggio cortese):

La cortesia nei confronti dell’interlocutore si esprime tramite gli ausiliari desu (??) e masu (??); le espressioni cortesi vengono usate comunemente nella conversazione fra persone più o meno omogenee e fra persone che non si conoscono abbastanza bene. Di solito quando si parla usando questo tipo di linguaggio dopo il nome di persona dell’interlocutore, o comunque di qualsiasi persona tranne il proprio si aggiunge il suffisso -san (??).

??? – sonkeigo (linguaggio onorifico):

Le espressioni onorifiche vengono usate quando il parlante vuole esprimere il suo rispetto verso chi egli ritiene superiore a sé, sia l’interlocutore sia una terza persona. Ecco le sue principali caratteristiche:

*A predeterminati nomi e a volte agli aggettivi che riguardano la persona alla quale ci si rivolge con rispetto vengono aggiunti i prefissi ?(o ) o ? (go). Normalmente ? è preposto alle parole sia autoctone che cinesi, mentre ?solo alle parole sino-giapponesi.

*Anche i suffissi annessi ai nomi propri hanno una funzione onorifica:

?? ?-san –> usato comunemente (anche nel teineigo)

?????sama –> più cortese di san, viene usato anche per il destinatario di una lettera

?????dono –> molto formale, letterario, è usato nelle lettere commerciali

????shi –> formale, viene usato nei saggi, è più impersonale di dono

Hanno questa funzione anche i gradi professionali delle persone; vengono usati dopo il nome dell’interessato o, a differenza dei precedenti, anche da soli e all’interno della frase possono ricoprire il ruolo di soggetto,oggetto o semplicemente quello di “termine per rivolgersi ad una persona”. Eccone alcuni esempi:

?? – ???? – sensei –> letteralmente significa “professore, maestro”, ma è usato per vari status professionali ad esempio dottori, politici, scrittori e ovviamente insegnanti.

?? – ???? – senpai -> usato verso gli studenti più grandi

?? – ????? – shachou -> presidente (di una compagnia/azienda)

*I pronomi personali onorifici non si riferiscono in modo diretto alla persona; la versione onorifica della terza persona in particolare si riferisce alla posizione nello spazio che essa occupa, per essere più precisi dalla lontananza o vicinanza al parlante.

??? – watashi -> ???? – watakushi -> io

??? – anata -> ———-

??? – kono hito -> ??? – kono kata/??? – dochira ->questa persona

??? – sono hito -> ??? – sono kata/??? – sochira -> quella persona

??? – ano hito -> ??? – ano kata/??? – achira -> quella persona (distante da entrambi gli interlocutori)

??? – dono hito -> ??? – dono kata/???dochira -> quale persona?

L’aspetto da notare è che non esiste un pronome personale onorifico della seconda persona; “anata” infatti, non è usato per riferirsi ad un destinatario a cui il parlante deve mostrare rispetto, perchè rivolgersi a qualcuno con “anata“ o in generale in seconda persona, è considerato sgarbato.

??? – kenjyougo (linguaggio umile)

Le espressioni umili vengono usate quando il parlante vuole esprimere il suo rispetto verso l’interlocutore umiliando sé stesso. Esse riguardano sempre il parlante e i suoi stretti familiari o le azioni compiute da loro. Non ci sono in questo caso prefissi che precedono nomi o parole che si riferiscono allo stesso parlante né tanto meno si usa un particolare suffisso dopo il nome del parlante(che in questo caso è il soggetto del discorso).<<<

Mi rendo conto che è ancora troppo ma quello della cortesia è un argomento ampio e che coinvolge tanti punti, anche grammaticali diversi. Qui ne ho messi una parte ma se ne volete sapere di più basta che me lo diciate e la prossima volta inserisco quelli che ora ho tralasciato. Mi erano stati chiesti i vari livelli di cortesia e i suffissi che spesso vengono postposti ai nomi quindi ho dato la precedenza a chiarire queste cose qui. ^^

Aggiungo però solo un paio di questi suffissi che sopra mancano:

-chan: esprime familiarità e intimità con la persona in questione. E’ usato soprattutto tra ragazze o comunque a livelli di grande amicizia. Viene usato spesso anche dopo il nome dei bambini.

-kun: esprime familiarità ed è usato quasi esclusivamente per i ragazzi.

Bene penso di essermi dilungata anche troppo questa volta ^^”’ a voi buona lettura e se avete domande o richieste sono sempre qui! byez!