Tre anni dopo l’avventura di FF VI arriva quel che ancora adesso è il capitolo un po’ rivoluzionario e sempreverde, di cui ogni giocatore di GDR nipponici può avere un ricordo preciso, specie se toccato con mano all’epoca, nel 1997, quando Square pubblicò insieme a Sony Computer Entertainment Final Fantasy VII, il primo vero e proprio Final Fantasy a raggiungere il territorio europeo e quello australiano per console Sony PlayStation e per PC con sistema operativo Microsoft Windows (pubblicato invece da Eidos Interactive). I lavori cominciarono immediatamente dopo il rilascio di FF VI, nel 1994, quando Sakaguchi intendeva addirittura ambientare la storia in una ipotetica New York del 1999 con tanto di grafica 2D proprio mentre lo staff lavorava contemporaneamente a Chrono Trigger (altro piccolo gioiello, lo conoscete?). Oltre all’ambientazione di carattere newyorkese, l’altra idea era quella di inserire un personaggio, una strega chiamata Edea. Se qualche appassionato fa due conti, si rende conto che la prima idea era stata applicata a Parasite Eve, mentre il secondo a ciò che sarebbe diventato FF VIII di cui sono molto blasfemamente affezionato. Lo sviluppo riprese nel 1995 e richiese pressappoco 120 artisti e programmatori per un progetto che costò 45 milioni di dollari (attualmente dovrebbero equivalere a 62 milioni invece). Kitase tornò a dare una mano nel dirigere i lavori e scrivere di FF VII, preoccupandosi di un eventuale flop se non si fossero usati poligoni tridimensionali che tanto stavano andando di moda in altri giochi. Perciò, una demo sperimentale per workstation Onyx fu creata e vedeva i personaggi di Final Fantasy VI combattere con i tanto voluti poligoni in 3D che pesavano un macigno per le sole cartucce che Nintendo riproponeva per la console Nintendo 64: l’unica cosa da fare era utilizzare i CD-ROM, così Square annunciò nel Gennaio del 1996 che Final Fantasy VII sarebbe stato sviluppato per PlayStation, con Sakaguchi che tentava di dare priorità al gameplay oltre la sola storia insieme agli altri che si preoccupavano di inserire il 3D nel gioco, Amano che disegnava la mappa aiutato da Nomura al character designing e Nobuo Uematsu che si occupava di usare per la prima volta il sound chip della PS con tanto di voci digitalizzate, e One-Winged Angel ne fu il risultato che ancora adesso conosciamo. Tre giorni dopo la pubblicazione in Giappone, 2,3 milioni di copie del gioco furono vendute.
Si poteva inserire uno scenario moderno e meno medievale e una grafica nuova di zecca, ma il gameplay non poteva certo cambiare enormemente, almeno le sue radici! La mappa vedeva sostanzialmente le solite aree con la schermata di battaglia, una per la città, un’altra per camminare sul mondo tridimensionale, o anche cavalcarlo su Chocobo oppure ancora usare navi e così via. Le battaglie vedevano non quattro o cinque personaggi giocabili ma solo tre che usavano la altrettanto solita barra ATB onnipresente, attaccando, usando magie, invocando creature, usando oggetti, tutto per conquistare esperienza e aumentare il livello delle statistiche, il cui sistema era basato sulle Materia da piazzare su armi e armature per personalizzare i personaggi. Gli attacchi speciali, come già detto la settimana scorsa, sono chiamati “Limit Breaks” e se ne vedono di sempre più forti per ogni personaggio!
I personaggi? Taaanti, e dedicherò in seguito un articolo apposito per approfondire il tutto! Il primo da tirare fuori è Cloud Strife, biondo, occhi azzurri per via dell’esposizione al Mako (la principale fonte di energia del mondo), un mercenario del gruppo eco-terroristico Avalanche ed ex Soldier della ShinRa. Fa uso di uno spadone appartenuto prima all’amico Zack ed ha un carattere alquanto tenebroso. Aerith è la ragazza dal carattere dolce e positivo, una fioraia che Cloud incontra abbastanza presto nel gioco legando in qualche maniera. Aerith è la discendente dei Cetra, l’ultima sopravvissuta diremmo, riuscendo a parlare alle anime e al pianeta stesso. Tifa è l’amica d’infanzia di Cloud ed è proprio lei a convincerlo a far parte degli Avalanche insieme a Barret, il capo che sembra tanto burbero ma gentile proprio come Cid Highwind, il pilota tanto in gamba che i nostri incontrano poco più tardi nel gioco. Caith Sith è uno strano personaggio, in realtà un robot meccanico, che si aggiunge prima al gruppo per poi combinare guai. Red XIII, il cui vero nome è Nanaki, è una sottospecie di leone che si aggiunge al gruppo dopo che questo lo libera; ha una intelligenza superiore a quella umana e fa parte di una specie molto particolare che vive abbastanza a lungo. Yuffie è un personaggio bonus ma che, come tutti gli altri personaggi, ha una certa caratterizzazione e le permette di rimanere nei nomi più grandi di tutto l’universo FF; è sostanzialmente una ragazzina ninja che si unisce al party per accaparrare più Materia possibili e infatti si apre anche un capitolo in più nel gioco. Stessa cosa per Vincent Valentine, uomo rinchiuso in una bara dentro una villa per via degli esperimenti che lo hanno reso una specie di mostro quando era parte dei Turks, corpo speciale della ShinRa. Menzione speciale va a Sephiroth, un tempo un eroe e “ora” super antagonista del gioco. Inizialmente non sapeva nulla del suo passato, gli era stato detto che la madre Jenova era morta in seguito al parto, ma in realtà era parte di un esperimento per ricreare un Antico, finendo per essere addestrato ad essere il miglior soldato della ShinRa. La sua personalità così mistica, come se fosse cosciente di molte più cose rispetto a ogni persona esistente, lo rendono un personaggio abbastanza amato dai fan della serie, comparendo anche più di una volta nella saga di Kingdom Hearts.
Quando chiedo a qualcuno cosa ne pensa della storia di FF VII, mi sento sempre dire che (e in effetti è vero) l’ambientazione e gli eventi prendono una piega analoga e contemporaneamente differente dai precedenti capitoli di Final Fantasy, sempre molto “medievaleggianti” con reami, castelli, cavalieri… questo FF VII è molto più cybernetico, moderno, andando sulla falsa riga del sesto capitolo con personaggi con una propria psicologia complessa. I temi affrontati non sono assolutamente da sottovalutare; sono ancora adesso molto attuali se contiamo che si tratta di un’opera degli ’90 (scusate, ne parlo come un affresco ottocentesco). Diseguaglianze sociali, l’economia industriale con annessa ecologia distrutta, riflessioni su vita e morte, scene drammatiche miste a qualche scenetta meno impegnativa – Cloud che si traveste da donna? – hanno fatto, a mio parere, di questo titolo una carta difficile da giocare per Square che ha dato un taglio netto. Nella storia vediamo il biondo Cloud distruggere i reattori ShinRa che trae profitto grazie all’uso di una fonte energetica, Mako, che provoca danni al pianeta su cui vivono, insieme al gruppo eco-terroristico Avalanche. Una volta fuori da Midgar, la città in cui vivono i nostri eroi, tocca scappare e distruggere la cupidigia della multinazionale che desidera nulla se non il potere assoluto, incurante dei danni che stanno provocando in qualche modo anche a loro stessi. Il corso degli eventi porta il giocatore ad affrontare anche l’assoluto rancore di Sephiroth che mira proprio alla distruzione del mondo intero, dopo perdita e ritrovamento di amici e non. Un continuo assistere a eventi epici.


