Da poco è scoccata la mezzanotte, l’ora delle streghe, e da poco sono tornato a casa dopo aver assistito alla proiezione del settimo (in realtà ottavo) film dedicato alle prodezze di quello che, oggi, è forse il mago più noto del mondo (ha battuto persino Merlino e il Mago Silvan!): Harry Potter e i doni della Morte – parte 2.
Per prima cosa: come mi sento. Al contempo sono in estasi ed amareggiato: felice per aver assistito alla proiezione di una pellicola che chiude, egregiamente, il ciclo cinematografico di qeuste avventure, riuscendo a comunicare meglio di altri “episodi” certi aspetti salienti e fondamentali di questa saga che, nel libro, si possono leggere ma visivamente sarebbe stato complesso riuscire a trasmettere; triste perché, come già accadde nel 2008, quando terminai la lettura (in inglese) del settimo libro, una saga che ci (mi) ha accompagnato per tanti anni, che ci ha fatto sognare, vedere il mondo sotto un’altra prospettiva, gioire e rattristarci per migliaia di eventi fantastici, è terminata e nient’altro ci sarà.
Non voglio dilungarmi a recensire o “spoilerare” la trama di questo film, per due motivi: primo, sono certo che, chi più chi meno, sappiate come va a finire la storia di Harry, della battaglia con Voldemort (ops, forse dovevo dire “Voi-Sapete-Chi”?), di quello che accade ad Hogwarts e ai tanti personaggi che hanno dato vita a queste vicende; secondo, dal momento che il film non sarà mai come il libro (mettetevelo in testa una volta per tutte!) voglio evitare di suscitare commenti del tipo: “ma non è andata così”, oppure “Ma che cavolo dicono, quello non è morto!”. Sono del parere che, quando si “osserva” una storia che viene presentata attraverso due mezzi multimediali diversi come “libro” e “cinema” bisogna entrare nell’ottica che, in un certo senso, è come se si stesse “osservando” due opere differenti, che solo accidentalmente portano lo stesso nome e raccontano la stessa storia: il metodo narrativo di un libro non può essere come quello del cinema, per cui risulta impossibile riuscire a far stare, nello spazio ristretto delle due ore della pellicola, quello che un libro di 600 pagine ci racconta per filo e per segno, nei minimi dettagli.
Se volete un giudizio su questo ultimo film, eccovelo: è una storia magnifica, diretta e interpretata magistralmente, che riesce nel poco tempo a sua disposizione (130′ sono comunque “pochi” per narrare la seconda parte del settimo libro) a comunicare (quasi) tutto quello che la versione cartacea porta dentro di sé: la sofferenza e la gioia, la battaglia e il sacrificio, la grandezza di molti e la piccolezza di altri, il contrasto tra bene e male, la vita e la morte. Un mio sincero e totale plauso va ad Alan Rickman: la sua interpretazione magistrale (seppur breve) di Severus Piton (preferite Snape?) negli attimi finali di quest’opera rendono il personaggio egregio, allo stesso modo di come appare al termine delle vicende narrateci dalla Rowling, facendo intravedere un immenso “bagliore luminoso” tra tutto il “nero” che circonda il professore (ora preside) della Scuola di Magia. Pollice verso, invece, per il doppiatore di Voldemort: nonostante l’ottima recitazione di Fiennes, il doppiatore lo fa parlare, in certi momenti, come un sordomuto che non riesce ad articolare bene le parole (c’è un “Avada Kedavra” che più che una maledizione sembra una presa per i fondelli a chi abbia difetti di pronuncia) e questo mina profondamente la “forza” con cui il terrore che la figura di questo personaggio dovrebbe instillare fino all’ultimo momento in tutti i protagonisti (buoni o cattivi che siano).
Ho trovato molto buone le performance di un po’ tutta la famiglia Malfoy/Lestrange: molto convincenti sia Lucius che Draco (ed un plauso a parte va alla mamma del giovane Serpeverde), e una meravigliosa Helena Bonham Carter che riesce, in modo egregio, a fingersi una Hermione trasformata in Bellatrix: se Tim Burton se l’è sposata, probabilmente avrà avuto i suoi buoni motivi! Ho trovato eccezionali gli effetti speciali (la battaglia di Hogwarts ricorda il “Fosso di Helm” del Signore degli Anelli), e in particolare l’animazione di Nagini che incute quasi più terrore del suo padrone: anche il 3D non è malvagio, anche se ci sono poche sequenze in “primo piano”, ma rende, in molti casi, una bella sensazione di profondità, facendo percepire la grandezza di luoghi come i sotterranei della Gringott, il cortile del Castello o la Foresta Proibita.
Infine due parole sui protagonisti: tra i tre spicca tra tutti Rupert Grint (Ron), qui al suo meglio nell’interpretazione del suo personaggio; Emma Watson/Hermione sembra essere messa un po’ da parte per dare maggiore spazio al protagonista Daniel Radcliffe/Harry, anche se in certi momenti la sua recitazione mi è sembrata forzata e di maniera; complimenti invece a Matthew Lewis/Neville che si dimostra un autentico e vero Grifondoro!
Permettetemi di chiudere con una osservazione ed un consiglio: come dicevo prima, non aspettatevi di vedere al cinema quello che avete letto nel libro rappresentato in ogni dettaglio, ma andateci con l’idea di assistere all’ultimo capitolo di una storia che vi ha accompagnati (sia che siate dei fan sfegatati del Maghetto con la cicatrice sulla fronte, sia che abbiate seguito, solo distrattamente, le versioni cinematografiche). Assisterete al capitolo finale di una storia che vi terrà col fiato sospeso, che sarà un continuo di rivelazioni e un crescendo di sentimenti, fino al termine, poetico e dolce, della promessa per un futuro radioso e pieno di speranza, come tutte le storie che ci raccontavano quando eravamo bambini dovevano essere: uscirete dalla sala con la sensazione che qualcuno, alla fine dei titoli di coda, vi abbia sussurrato all’orecchio le parole “E vissero tutti felici e contenti” e vi sentirete come quando, da piccoli, i vostri genitori o nonni vi raccontavano la fiaba della buona notte. Dal canto mio, vi auguro di divertirvi e di trovare questo film piacevole come lo è stato per me.
Ed ora vi lascio perché un arduo compito mi attende nei prossimi giorni: rileggere, dal primo all’ultimo, tutti e sette i romanzi della saga… magari al buio, con la sola luce della bacchetta ad illuminare le pagine. Lumos!