Riflettori su… Soul Eater (2)

 

Questo mercoledì ho parlato, a mo’ di introduzione, di Soul Eater, anticipando nelle battute finali di cosa avrei parlato nella seconda (non ultima) parte dedicata al manga di Atsushi Ohkubo: apro rispondendo in maniera esaustiva a quelli che furono due dei commenti che ho ricevuto.

Lo ripeterò fino alla nausea, ascoltare/leggere/vedere una storia consiste, perchè essa venga propriamente elaborata, in una sorta di identificazione nei personaggi presenti; senza questa identificazione, con un approccio distaccato (che è tipico dei critici) si può notare solo il lato “artistico” dell’opera, e in questo caso i disegni. E come sempre, ricordo che questa identificazione non deve essere necessariamente “positiva“: la qualità dell’identificazione influenza solamente l’apprezzamento, non la capacità di entrare in connessione con la trama che è suo prerequisito. Ed è per questo che quando vedo uno shonen con una protagonista femminile in qualche modo sono molto divertito dalla cosa, perchè mi sento sfidato dall’autore a mettermi nei panni di un personaggio a cui non posso sentirmi troppo affine per motivi genetici. E sono sicuro che ci sono la fuori molti lettori che considerano inamissibile l’identificazione con una figura femminile e si rifiutano anche solo di prendere in considerazione la cosa: una delle prove di questa mia affermazione è il fatto che molti shonen siano dotati di un elemento femminile stereotipato, per niente realistico e inutile ai fini della trama. Anche il fatto che i nemici che vengono picchiati sono spesso maschi, e che i cattivi femmina vengano affrontati a loro volta da personaggi femminili (o personaggi maschili con caratteristiche femminili, palesi o meno che siano), o spesso viste come “distorte principesse da salvare“. Non mi credete? Per ora vi chiedo di fidarvi di questa mia affermazione, e di ricordarvene quando nella Jojopedia affronteremo Stone Ocean. Non vorrei essere stato quindi frainteso: io sono contentissimo che il pubblico femminile che legge shonen sia aumentato, perchè vuol dire che gli autori devono adattarsi e tenerne conto quando sceneggiano, con la speranza, da parte mia, che questa cosa faccia “crescere” il genere. Quando anche le autrici shoujo terranno conto di eventuali lettori maschili vorrà dire che il mercato sarà più maturo, che esisteranno soltanto “manga che raccontano storiee che si lasciano alle spalle inutili e pesanti classificazioni che tutto standardizzano, e banalizzano.

Il secondo appunto che mi è stato fatto è legato a chi effettivamente sia il protagonista della serie: la risposta più accreditata è indubbiamente quella che pone Maka come protagonista femminile e Soul come protagonista maschile… ma non mi piace. Perchè quando leggo Soul Eater io vedo Maka come protagonista (anche se il manga si chiama, per l’appunto, Soul Eater) per il semplice fatto che molte delle dinamiche, e la prospettiva dalla quale molti sviluppi vengono letti, è proprio la sua. Soul è un protagonista, indubbiamente, ma tante volte mi è sembrato la spalla del protagonista: quella persona su cui Maka potrà per sempre contare, perchè dopotutto i ragazzi che non sono in grado di aiutare le ragazze non sono “fighi“. Soprattutto perchè il ruolo del protagonista è affrontare le sfide che il suo ruolo gli impone, e crescere: Soul mi è sempre sembrato molto sicuro del suo ruolo, fin dall’inizio. Ciò non toglie che sia possibile disinteressarsi di questo e leggere comunque Soul Eater senza porsi troppi problemi.

Soul Eater come shonen mi è congeniale, per il numero ristretto di personaggi, e quindi per il sufficiente spazio che viene dedicato loro. Alla fine, molti personaggi fanno semplici apparizioni, alcuni, come Stein hanno ruoli di rilievo ma nessuno ruba il palcoscenico ai tre Maestri principali e le loro rispettive Armi. Eccezione fatta forse per il personaggio di Crona che svolge un ruolo fondamentale nella trama, come figura da salvare e aiutare: se Maka si scontrerà con i propri limiti, cercando di superarli, sarà proprio per aiutare questo personaggio che ricopre, in modo abbastanza regolare, sia il ruolo di “principessa da salvare” che di “drago da abbattere“. E gioco molto su questo termine, “principessa”, poichè il sesso di Crona non è mai stato chiarito dall’autore: l’utilizzo da parte sua del “boku” nella serie animata ha spinto coloro che l’hanno adattata all’estero di considerarlo come un personaggio maschile, ma nonostante le varie battute fatte, Ohkubo non ha ancora chiarito la questione. Non è mai stata, per quanto mi riguarda, una questione di mio interesse, perchè il suo genere non influenzerebbe in alcun modo gli sviluppi della trama: ma come? Regola che non si preoccupa in alcun modo dell’unico elemento che potrebbe turbare la relazione Maka/Soul? Sarà che dal punto di vista emotivo e sentimentale Soul Eater non mi è mai interessato: o meglio, non c’è dubbio che Maka e Soul sono una coppia nella vita come nel lavoro… quindi perchè rimuginare sopra la questione…? E poi Soul Eater non è neppure uno shonen romantico!

Crona e Ragnarok.

Quello che doveva essere il tema principale di questa seconda parte è diventato il tema di chiusura viste le premesse con cui ho iniziato questa trattazione… le Streghe. Medusa in primis, Aracne successivamente sono alcuni degli antagonisti principali di questa serie, probabilmente solo un gradino sotto il vero boss finale, che è rappresentato dal Kishin Asura. Una delle prime cose che mi ha stupito di Soul Eater è stato il fatto che oltre i mostri dalle fattezze vagamente umanoidi che compaiono, si trattava di un manga dove i protagonisti avevano come nemici delle donne, che non risparmiava le scene di violenza come invece alcuni autori della scena shonen più ortodossa si sentivano in dover di evitare: questo suo non essere sessista in certi frangenti, e quindi molto moderno, è una delle caratteristiche di Soul Eater che più mi ha colto alla sprovvista. Poi qualche volta l’autore si lascia andare nell’umorismo tipicamente shonen, ma credo si possa perdonare… il combattimento tra Stein e Medusa, per esempio, è di una violenza particolarmente gradita da parte del sottoscritto. (Non credo qualcuno voglia mettere al bando questo manga, con una visione diametralmente opposta alla mia, perchè i cattivi sono “Streghe”, soprattutto in virtù degli sviluppi e delle spiegazioni riguardo a questi personaggi che l’autore darà, nelle parti avanzate del manga.)

Medusa.
Asura.

E poi il Kishin, Asura: cosa posso dire di questo personaggio, tanto folle e pericoloso da essere stato sigillato per mano di Shinigami-sama stesso, in un sacco fatto della sua stessa pelle? Sarà per la sua brutalità, o per il suo fascino mitologico (sembra davvero qualcosa uscito fuori da un mito) che sempre terrò a mente questa scena e il personaggio ad essa legata. Il folle Kishin, uno dei cattivi meno ortodossi che mi sia capitato di vedere, eppure perfettamente in tema con questo manga fatto di paure interiori, di dubbi e di fameliche follie. La mia trattazione di Soul Eater continua (ci sono altre cose da dire), quindi vi aspetto il mese prossimo con Riflettori su… mentre per oggi vi saluto con Black Papermoon, la seconda (anche essa apprezzata dal sottoscritto) sigla di apertura.

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