Naruto 624, One Piece 702 – Recensione

La pausa della scorsa settimana ha permesso ai due autori di modificare lievemente lo stile di narrazione ed introdurci a due nuove fasi della storia che, credo, si potrebbero protrarre per un bel po’ di tempo (almeno in un caso, se non altro). Ma vediamo di parlare subito di questi nuovi capitoli.

Naruto 624 – Aiko. Suppongo sia d’obbligo partire dalla fine di questo capitolo che (per la maggior parte del tempo) ha solo evidenziato, tramite la narrazione, quel che già sapevamo, e cioè il protrarsi di una lunga ed estenuante lotta, durata decenni, tra le famiglie di Hashirama e Madara. Kishimoto continua a mantenere costante questa idea di parallelismo tra i due, mostrandoci quanto anche i loro padri e fratelli si somiglino e condividano idee dello stesso tipo: questo fino a portarci ad un finale forte, in cui uno sconfitto Madara, al fine di acconsentire alla richiesta di “pace” portata dall’amico, chiede di ristabilire gli equilibri iniziali presenti tra le due famiglie, pretendendo la vita di uno dei due Senju sopravvissuti alla faida (Madara è l’unico vivo, mi pare di capire, della famiglia Uchiha che ha portato avanti le sorti della guerra). Questa affannosa ricerca di equilibrio, di bilanciamento di una equazione che, altrimenti, vedrebbe favorito un gruppo piuttosto che un altro, è un tema sempre presente in Naruto e Kishimoto, in questo caso, lo usa in maniera estrema: la richiesta “Per la pace voglio un sacrificio!” fatta da Madara pone sotto i riflettori l’assurdo della guerra che si combatte tra le due famiglie, evidenziando il fatto che (come già sottolineato da Pain a suo tempo e ribadito nei deliri di Obito) la strada per ottenere la tregua definitiva sia lastricata da azioni ancor più riprovevoli dell’atto di uccidere qualcuno durante uno scontro. Un paragone forte con l’assurdità del mondo reale, con le incongruenze di guerra e oppressione che ci vengono sbattute in faccia dai telegiornali ogni giorno, che riporta il manga su un livello narrativo adulto come già visto in passato. Voglio sottolineare, prima di chiudere, la sequenza che mi ha colpito maggiormente: all’inizio del capitolo, vediamo i due capifamiglia affrontarsi seguiti dai rispettivi figli. Osservare la vignetta in cui i due decidono di distogliere lo sguardo l’uno dall’altro per mirare, rispettivamente, al discendente dell’altro con l’intento di eliminarlo per ottenere un vantaggio nello scontro, mi ha davvero fatto gelare il sangue. La scena è narrata e disegnata con tale freddezza che  pare quasi travalicare il senso della storia e mostrare (come Kishimoto sa fare in maniera peculiare) quanto crudele possa essere un mondo dove il “predominare” sia posto sopra qualsiasi altro principio etico e morale.

One Piece 702 – Corrida Colisseum. Nella realizzazione di uno shounen ci sono alcune regole basilari da seguire: alcune caratteristiche relative al protagonista, una certa classificazione dei comprimari, la scelta dei poteri e dl modo di usarli per combattere, ecc… Oda, in questi quasi 16 anni di pubblicazione ha sempre trattato i vari “punti fondamentali” in maniera più o meno “classica”, apportando proprie “modifiche” ad alcuni contenuti ed espandendone altri. Ma anche lui, anche l’uomo che ha organizzato un manga con un plot fatto di intrecci e sottotrame che, da sole, potrebbero costituire storie a sé stanti, anche l’autore che ci ha mostrato scontri non proprio lineari, con alleati che, nei momenti meno prevedibili, si davano il cambio contro questo o quell’altro opponente (pensate alle saghe che vanno da Water Seven fino a Thriller Bark), proprio il mangaka che ha deciso di sovvertire la classica “formazione” dei comprimari del protagonista, andando a rimpolpare le fila di anno in anno (e c’è chi è convinto che ancora non abbia finito, che manchi ancora qualche pezzo alla ciurma!) si è dovuto arrendere ad una delle leggi fondamentali, inviolabili, determinanti, risolutive, definitive del manga shounen, che sin dai tempi di Dragonball (ma anche prima, in realtà, solo che il manga di Toryama ne ha sancito la consacrazione a “must narrativo”) è il punto focale di ogni manga per ragazzi carichi di adrenalina: la realizzazione di un Torneo! Vi faccio notare il ring (rotondo) dove tale torneo si terrà: non vi ricorda qualcosa? Tuttavia, non è solo il Torneo l’unica sorpresa del capitolo: qualcuno ruba il “Tesoro di Wamo” a Zoro che si lancia all’inseguimento della sua spada seguito a ruota dal samurai deciso a riportare il cimelio nel suo paese (possibile che non si fosse reso conto prima che quella fosse la leggendaria spada ammazzadraghi? Questo tizio mi convince sempre meno!) e da Sanji che, conoscendo il pessimo senso dell’orientamento del compagno, sa che lasciarlo scorrazzare libero per Dressrosa da solo sarebbe l’equivalente di rinchiudere un Sanbernardo con la rabbia (Kujo!) in un negozio di cristalleria! Ma ancora più intrigante risulta la risposta che il vecchio cieco dà a Rufy quando questi gli chiede chi sia: “Per la mia e la tua incolumità, è meglio non rispondere!”. Considerando la reazione avuta poco prima dal proprietario del ristorante, che pare aver riconosciuto il vecchio, questo fa supporre che egli possa essere un personaggio famoso: forse proprio quell’ammiraglio Fujitora di cui si è parlato qualche capitolo fa, oppure, come osservato da Sanji, qualcuno di famigerato che potrebbe causare una qualche strana reazione in Rufy (il fratello di Barbanera? Qualcuno che abbia a che fare con il padre di Rufy?). Voglio sottolineare, infine due cose di questo capitolo che forse sono passate in secondo piano: per prima cosa, l’evoluzione della ministoria che vede protagonista l’uomo fango. Mi chiedo se il posto dove è capitato il maggiore dei Karibou non possa essere il luogo, mostratoci in questi ultimi capitoli da Oda, dove pare che rivoluzionari di vario tipo stanno combattendo una guerra di cui ignoriamo le motivazioni e se, alla fine, il pirata non si troverà, magari, faccia a faccia con Dragon o con qualche pezzo grosso della marina (e magari anche a confronto con Jewelry Bonney). L’altra cosa riguarda invece la reazione di Rufy: su queste pagine abbiamo già commentato ampiamente quanto sembrasse stupida la scelta di Oda di attirare in un tranello Rufy per mezzo del frutto Mera mera. Tuttavia, vista la reazione del nostro eroe, forse bisognerebbe ricredersi: effettivamente, facendo qualche giro su forum stranieri e chiedendo anche a dei giapponesi DOC, ho potuto capire (anche se non mi è proprio chiaro al 100% come funzioni sta cosa) che in Giappone ci sono alcune “credenze regionalistiche” legate al culto dei morti per cui si pensa che se determinati oggetti abbiano fatto parte, anche solo per un momento, della vita di una persona e se questa persona abbia avuto, in relazione con tali oggetti, una predilezione particolare, allora una parte dello spirito di questo defunto (anche se non stiamo parlando proprio dell’anima immortale, quanto più di una cosa simile ai “ricordi” dell’individuo) rimangono uniti all’oggetto in questione. Pertanto, i parenti e affini del defunto tendono a volere conservare e preservare tali oggetti, in quanto impregnati dell’essenza stessa della persona morta (cosa che accade anche nella cultura occidentale, ma forse in maniera meno evidente). Può darsi che Oda si sia basato su questo tipo di credenze per imbastire la storia, per cui a questo punto bisognerà vedere come sfrutterà questo ennesimo “carattere della cultura Giapponese” nell’evoluzione del manga: a noi resta solo da sperare che qualcuno (magari più informato di me che, ripeto, ho capito solo a spizzichi e mozzichi la reale portata di questa usanza) ci spieghi il perché Oda se ne sia uscito con una trovata simile.