Fumetti da collezione, altro che roba da nerd!

di Gtuzzi Commenta

Ci sono volte in cui è difficile spiegare come si sviluppa una passione che porta a collezionare determinati oggetti. Forse è perché sentiamo quelle cose come parte di noi, forse perché ci trasmettono emozioni particolari, o magari ci ritroviamo ad avere una discreta raccolta così senza neanche rendercene conto. Indipendentemente da quella che sia la nostra motivazione, è innegabile che i nostri oggetti da collezione, per noi così importanti, quasi non hanno alcun valore per altri.

Tra le collezioni più controverse ci sono senz’altro quelle legate al mondo dei fumetti, o della letteratura disegnata (come la definì il geniale Hugo Pratt, padre di Corto Maltese), che hanno sempre accompagnato milioni di bambini (e di adulti) per intere generazioni. Purtroppo, mentre altre raccolte sono normalmente accettate (anche se non particolarmente condivise) dal resto delle persone senza particolari sfottò, quelle legate al mondo dei fumetti sono spesso viste nello scenario comune come un qualcosa di estremamente infantile, o al massimo degno solo del mondo nerd. Ma siamo sicuri che sia tutta qua la magia del fumetto? Da dove nasce questo genere comunicativo e perché è così importante?

I primi fumetti

Cerchiamo intanto di capire per bene a cosa ci riferiamo parlando di fumetti. In Italia il termine si riferisce sia al mezzo di comunicazione, che prevede una narrazione con immagini e dialoghi, ma anche alla nuvoletta all’interno del cartiglio (il riquadro che contiene la vignetta) che consente di far parlare la scena disegnata grazie ai dialoghi tra i personaggi, alle onomatopee (parole che tentano di riprodurre un particolare suono in forma scritta), ma anche a brevi didascalie (che prendono il posto delle voci fuori campo).

Tendenzialmente si fa risalire la nascita del fumetto alla fine del XIX secolo, grazie al personaggio di Yellow Kid, il bambino con il camicione giallo pubblicato a partire dal 1895 sul New York World. In seguito si è scoperto che questo genere era già attivo agli inizi del secolo: Rodolphe Töpffer, famoso scrittore e illustratore ginevrino, aveva preparato delle vignette illustrate per i suoi allievi sia con uno scopo goliardico che didascalico. All’inizio non ne era prevista la pubblicazione ma, consigliato da questi e dai suoi amici (tra cui un tale Goethe), nel 1833 venne alla luce una di queste storie: l’Histoire de monsieur Jabot, nel quale già si teorizzava la potenza espressiva del fumetto.

La narrazione per immagini

Ma se questo genere comunicativo si può dire che sia proprio solo degli ultimi duecento anni, diverso è il discorso se andiamo ad analizzare il bisogno di parlare attraverso le immagini: tutta l’arte figurativa (dalle pitture rupestri agli affreschi delle cattedrali, fino alle produzioni plastiche) rappresenta proprio il tentativo dell’uomo di rappresentare visivamente il mondo che lo circonda. Un “fumetto” di soli disegni, per intenderci, ma mancano i suoni per arrivare al genere che conosciamo oggi. 

Esistono vignette parlanti nell’arte più antiche degli ultimi duecento anni? Certo che sì! Giusto per farvi un esempio molto particolare, se andate nella Basilica di San Clemente a Roma troverete un vero e proprio fumetto (il più antico attualmente conosciuto) sotto forma di affresco, dove tra l’altro uno dei personaggi si rivolge agli altri in modo poco lusinghiero, utilizzando una delle prime parolacce in lingua volgare usate per scopi letterari e narrativi (tenete conto che siamo intorno all’anno 1080, poco prima che la chiesa venisse distrutta dai Normanni e poi ricostruita come la conosciamo oggi). 

Bisogna dire che questo affresco è una vera e propria chicca non solo per linguisti e storici dell’arte, ma anche per gli appassionati del fumetto! Non preoccupatevi troppo se dovessero prendervi in giro per i vostri fumetti da collezione: dopo tutto potete sempre rispondere che questo genere letterario ha più di mille anni, quindi merita tutto il rispetto possibile! Non trovate?

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