La questione rom

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  • #633519
    Gilles Villeneuve
    Partecipante

    Si potrebbe riflettere sul bilanciamento fra “” e ““, detto proprio in maniera rozza.

    Usiamo questo thread anche come contenitore di altre riflessioni, notizie o fatti che li riguardano.

    Quale è la vostra opinione?

    Ho impostato il thread volutamente in modo generico proprio per intraprendere ampi dibattiti.
    Mi raccomando, spero che il tutto possa svolgersi in modo civile.

    Per completezza link 2 voci wikipedia:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Rom_%28popolo%29
    http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_delle_popolazioni_Rom

    #908609
    bluclaudino
    Partecipante

    Premetto che sono assolutamente tollerante, d’inclinazione abbastanza socialista, ma non per questo prendo la cosa nel modo “il mondo è di tutti”.

    Spero di partire col piede giusto affermando: “la casa è di chi l’abita”.
    I miei genitori hanno pagato delle tasse per costruire l’Italia di oggi, i loro genitori prima di loro, nonni, nonni di nonni, noi abbiamo ereditato dalla nostra linea genealogica un paese ed una cultura, delle infrastrutture, un sistema politico e sociale. Chi vuole abitare un paese, deve adattarsi ad esso ed a quanto c’è in esso e non pretendere che sia il paese ad adattarsi ad ogni inquilino “straniero”.

    I Rom sono nomadi, non per questo sono bestie o reietti, ma sono famiglie intere che si spostano, non hanno una casa specifica. Se giungessero in un paese senza infrastrutture, senza case, senza una storia e senza un impianto sociale, allora potrebbero installarsi dovunque senza problemi, ma l’Italia è un paese ricco di tutte queste cose, buone o meno.

    Criminalità e legalità a parte (che va rispettata da Rom come Imprese Estere con sedi in Italia) penso che non sia tollerabile convivere con un popolo che non si adatta a chi li ospita: a mio parere le baraccopoli andrebbero tutte chiuse, accampamenti non autorizzati andrebbero chiusi, nuclei familiari improduttivi andrebbero espulsi (una famiglia che non produce ma che abita sotto un ponte occupa un territorio che non le appartiene e che non contribuisce a sostenere), che abbiano commesso crimini o meno.
    Ora, come siano i Rom in genere non m’interessa (conosco due fratelli che erano al liceo con me che lasciarono la famiglia Rom, si trovarono un lavoro per pagarsi gli studi e con dei mini-sussidi statali sono all’università, uno fa ingegneria informatica e l’altro economia) ma se non rispettano certe regole prestabilite, vanno trattati come qualsiasi altro popolo che non rispetta tali regole.

    Se una famiglia tedesca arrivasse in camper, senza documenti, senza pagare il campeggio e senza lavorare, e vivesse senza produrre elemosinando, qualcuno si preoccuperebbe del problema “nomadi inglesi: tolleranza o no?”, o verrebbero semplicemente rimpatriati? :mah:

    #908644
    Gilles Villeneuve
    Partecipante

    Io non riesco a farmi un’idea precisa, però sforzandomi sarei più per la “solidarietà” e il chiudere un occhio su ordine ed efficienza.

    Tengo moltissimo alla legalità e al rispetto dei principi, però credo che vada analizzata la situazione e che si possa fare un’eccezione in base al caso in questione.
    Tutte le persone sono uguali, ma data la loro storia sarei per l’accoglierli e cercare in tutti i modi possibili di stabilire un legame, in modo non d’assimilarli alla nostra società, ma arrivare ad un punto di comune accordo.

    D’altra parte mi rendo conto che spesso non sono tanto diversi dai clanestini e che quindi, senza i dovuti documenti e permessi, non possono rimanere e che l’avere una patria d’origine o meno non cambia molto.
    Come è vero che molti hanno nazionalità italiana, ma non riescono o non vogliono ambientarsi.

    Poi spesso penso a loro quando vedo i loro accampamenti nel mio quartiere o in un altro. Da me, a Barra, hanno costruito catapecchie in una sorta di canale sul terreno; oppure a Ponticelli sono sotto una strada sopraelevata, di fianco a spazzatura buttata lì da tempo; oppure a S.Giovanni a Teduccio hanno occupato un ampio spazio chiuso con un grosso cancello (forse in passato era un’area-mercato), tutto mooolto degradato e con catapecchie che non lasciano spazio per respirare.
    Ripenso anche ad un edificio pericolante che hanno occupato dalle parti di Roma o un altra provincia nel Lazio (sentii la notizia un paio d’anni fa).
    In nome dell’igiene, della incolumità fisica e in generale della sicurezza andrebbe tutto abbattuto e al di là, talvolta, di amministratori locali razzisti di destra che vorrebbero spazzarli via e basta, fossi io a capo di un comune non vorrei prendermi la responsabilità in caso di tragico incidente… che sia un cortocircuito o un diluvio devastante.

    #908688
    Drakhan
    Partecipante

    Io vivo in Sardegna e so, attraverso persone che vi lavorano stabilmente attraverso servizi sociali, che i Rom sardi sono tutti italiani.
    Ma vivono in condizioni da Terzo Mondo, tra ignoranza, malattie ed effettiva criminalità.

    Le tradizioni di un popolo sono importanti, e mi piacerebbe che venissero mantenute, ma non posso lasciare che bambini piccolissimi (per quanto amati e trattati bene) vivano nella sporcizia e nell’ignoranza.
    Voglio che quei bambini vadano a scuola e abbiano una buona istruzione con cui poter affrontare la vita e integrarsi al meglio. Senza saranno semplicemente costretti nei campi a lavorare per pochi spiccioli in un circolo vizioso senza fine.

    #908689
    Redazione
    Amministratore del forum

    Per me il primo errore da non commettere è di chiamarli ROM… Il punto non è siano ROM, sarebbe lo stesso se fossero di qualsiasi altra etnia. Per cui evitiamo di parlare di etnie e razzismo che non c’etrano nulla con il contesto.

    Il punto invece è di parlare di un popolo nomade con poca o nessuna intenzione di integrarsi. Il fatto che siano una etnia che vive in un mondo a parte può generare vari problemi di convivenza.

    #633520
    Drakhan
    Partecipante

    Beh, li si chiama ROM perché è questo il popolo su cui si discute. Se fossero Indù li definiremmo Indù.

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