Approfondimento – l’industria e l’economia nell’animazione (4)

di Regola 3

 

Qualche mese fa avevo raccolto in tre articoli la maggior parte delle informazioni in mio possesso relative all’industria dell’animazione nipponica. Per chi si fosse perso queste tre trattazioni ecco tre pratici link:

Anime ed economia – parte 1

Anime ed economia – parte 2

Anime ed economia – parte 3

Quest’oggi non voglio complicare o revisionare le precedenti analisi, ma solamente arricchirle con dei dati che qualche giorno fa sono stati divulgati… dati indubbiamente interessanti. Grafici gente, come quelli che ci piacciono tanto. Credo che le immagini abbiano un potenziale comunicativo che le parole non possono minimamente equiparare, quindi non mi perdo in chiacchere e vi mostro i primi quattro.

 Serie anime con soggetto originale dal 2000 al 2013.

 Fonti delle serie per anno, in rapporto alle serie totali.

 Fonti delle serie per anno, in grafico cartesiano.

 Fonti delle serie, apporto totale dal 2000 al 2013.

Se l’attuale andamento del mercato non fosse chiaro da queste quattro immagini eccovi una tabella riassuntiva, sempre con dati dal 2000 al 2013; questi valori rendeno perfettamente l’idea del tipo di sviluppo che l’industria dell’animazione ha subito nell’ultimo decennio.

 Non entro in merito alla questione light/visual novel come fonte d’ispirazione per produzioni animate “a spese” dei manga, anche perchè, come mostra chiaramente la tabella la % di fumetti adattati  per l’animazione è costante negli anni, quello che è esponenzialmente aumentato è il numero totale di serie trasmesse: siamo passati dalle 59 del 2000 alle 187 del 2013… il numero di serie è triplicato! Credo che sia necessario sottolineare come, in dieci anni, siano esponenzialmente migliorate anche le tecniche di realizzazione e le relative tecnologie: è un dato di fatto che, per quanto riguarda l’aspetto tecnico, la qualità media delle serie attuali è molto più alta. E che, laddove ci sia una sostanziale crisi dei contenuti da qualche anno a questa parte (nel senso che è diventata particolarmente evidente) resto dell’idea che, anche di fronte a temi triti e ritriti, capita ogni tanto qualche regista che riesce a produrre una buona serie nonostante le premesse non proprio promettenti, poichè ad essere migliorati sono stati anche i “tecnici“. Parlo di quelle serie che in pochi vedono, che sfuggono spesso all’occhio della maggior parte del pubblico, e che nel loro piccolo regalano bei momenti a spettatori privi di troppe pretese (credo, per esempio, di dover citare nuovamente Kotoura-san e Uchouten Kazoku).

La diminuzione (non così drammatica se guardiamo ai dati) delle serie originali e sequel, e l’aumento dell’importanza delle novel (nelle due forme) ha consolidato e confermato il ruolo prettamente pubblicitario che una serie animata riveste nell’attuale mercato. Le ragioni le ho già spiegate, lungi da me ripeterle. Al momento non ho molto da aggiungere, a parte questi grafici che possono dare un’idea di come saranno gli anni a venire (oramai è usanza che i progetti originali si presentino come Salvatori di Fine Millennio, col motto “save the anime”… e nel caso di Kill la Kill sono particolarmente d’accordo); quest’oggi volevo soprattutto arricchire un mio precedente lavoro. La prossima volta che parlerò di animazione dal punto di vista “globale” sarà tra un mese e mezzo circa, eone più eone meno, quando comincerò a lavorare sulla rassegna completa degli anime del 2013, tirando le somme per come ho fatto nel 2012. E non sarà facile, leggendo quei numeri.

[Fonti\Crunchyrool & reddit]

 

Commenti (3)

  1. Sarei curioso di vedere i numeri per quel che riguarda i lungometraggi animati. Da quanto ho capito quelli qui illustrati riguardano solo le serie e non i lungometraggi.

    1. In campo lungometraggi molto si pu� capire dai dati di botteghino, giusto qualche settimana fa sono capitato in quelli del 2013, si tratta, tuttavia, di un mondo governato da leggi differenti, basti pensare che di media i dischi escono dopo circa un anno e non tre mesi come negli anime televisivi. In questo campo dominano quasi del tutto i film derivati da manga di successo, soprattutto quelli della Shueisha, ma quando escono prodotti originali (comunque sempre una manciata) non passano inosservati (come wolf children del 2012). Questa � la top10 per il 2013 giapponese, il primo posto � scontato:

      http://www.animenewsnetwork.com/news/2013-12-20/top-10-films-at-the-japanese-box-office/2013

      Al giorno d’oggi continuano ad esistere nell’animazione lungometraggi progetti originali, ma l’attenzione � data principalmente ad altri due tipi di titoli, ovvero quelli derivanti da manga, e i film degli anime di successo, com’� accaduto per Madoka Magica (progetto originale), che dopo due film di riassunto ha visto chiudere la serie con il terzo, che “continua” la storia; pellicola, questa, che ha avuto in certi studi demografici un rating pi� alto di Kaze Tachinu, ma non ha raggiunto gli stessi incassi (nella prima settimana il film di Miyazaki ha incassato circa 980 milioni di yen, Madoka circa 600). Non cito nemmeno Evangelion 3.0 che dopo 9 giorni era 2,8 miliardi di yen d’incassi solo di botteghino (3.0 chiude a circa 5,5 miliardi di yen, ancora lontano da Miyazaki, ma calcola che nel 2013 ai giapponesi sembra essere tornata la voglia di andare al cinema). I film degli anime di successo, come quelli provenienti da light novel, hanno spesso un successo minore al botteghino ma sono sempre ben accolti nelle vendite di BD, ma non mi vengono in mente casi eclatanti di novel adattati direttamente come film. Nel caso delle visual novel c’� qualcosa, sempre legato al successo anime (come il pessimo film di Clannad della Toei, o il film di Fate Stay Night, che sintetizza la seconda route della novel). Questo dipende dal fatto che le visual novel sono un prodotto “di nicchia”, fatto “da nicchie” che non sempre riescono a tollerare le scelte degli studi di animazione che devono modificare o scegliere gli elementi da adattare, e non rischiano la produzione di un lungometraggio che per certi versi � pi� costosa di una serie anime.

  2. C’ è da dire che però ormai è anche raro produrre una serie da 52 puntate! Quindi aumentano le serie, ma mica sono di 50-100-200 come ai bei vecchi tempi, a parte le solite eccezioni. XD
    Prendiamo l’ esempio citato nella prima parte: “Minami-ke”. 52 puntate spalmate su 4 serie. Praticamente il numero di una serie a cadenza annuale. Fosse andata in onda con questa formula, varrebbe come una. XD
    Scusa, ma ormai il character design è quasi sempre questo? Io lo trovo orripilante a volte. Così come le espressioni inebetite di certi personaggi a bocca aperta nonché una determinata espressione imbarazzata.
    Il numero delle produzione è altalenante, però è interessante notare il consistente aumento dal 2000 al 2001.

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