Monogatari Seconda Serie (1)

di Regola Commenta

 

L’apoteosi del superfluo, i dialoghi e gli incontri apparentemente senza filo conduttore alcuno ma che nella loro malizia rivelano verità che appaiono impossibili fino al momento in cui non si dimostrano tali, perchè ogni aspetto umano cerca ferocemente di nascondere il suo opposto. Le Monogatari di Nisioisin, animate dallo Studio Shaft, ancora provviste del visionario stile di Akiyuki Shinbo, sono tornate: ma è la seconda serie, se avete iniziato a vedere da questo punto sicuramente non ci avete capito niente. Anche perchè, a volte, non ci capiscono niente persino quelli che la serie la stanno seguendo dall’inizio. Se non conoscete le Monogatari, e siete interessati alla visione, l’unica cosa che potete fare è guardare la prima serie Bakemonogatari, la seconda Nisemonogatari e poi il film Nekomonogatari – Kuro, mettendovi il cuore in pace per il fatto che Nisioisin non ha avuto fin dall’inizio l’intenzione di fare una storia lineare: inizia in un punto preciso, con tante cose successe a cui i personaggi ammiccano, ne parlano, fanno riferimento, mischiandole con gli eventi del momento… ma di sicuro Nisioisin presto o tardi spiega tutto, è necessario avere un pò di pazienza e di buona volontà, perchè a volte la spiegazione non è servita pronta per essere consumata. Per coloro che invece, come il sottoscritto, hanno visto le prime serie e attendevano il commento alle seconde, eccoci qui, in quel momento in cui le serie estive si intrecciano con quelle autunnali. D’altronde non potevo ignorare le Monogatari, che sono ancora in corso, e neppure mi andava di liquidare il tutto con una recensione di mille parole circa, volevo andare un pò più in profondità senza comunque arrivare al commento episodio per episodio (…) quindi, quest’oggi sono qui per affrontare due degli archi narrativi completati fin’ora, Nekomonogatari – Shiro, e Kabukimonogatari. Otorimonogatari (in corso), Onimonogatari e Koimonogatari dovranno aspettare qualche mese, ma ho intenzione di commentare anche questi archi narrativi (senza troppi spoiler), come pure accadrà per Hanamonogatari che verrà trasmesso nel 2014 come speciale (non essendo riuscito Shinbo a integrarlo con tutta la seconda serie). Commenterò anche Kizumonogatari, quando riusciranno a proiettarlo. E se non si fosse capito, per ora questa seconda serie mi sta ampiamente soddisfacendo.

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Nekomonogatari – Shiro (Tsubasa Tiger)

La prima cosa che ho pensato quando guardavo il primo arco narrativo della seconda serie è: “quando il gatto non c’è i topi ballano“. La seconda è stata “cosa c’è da dire” ancora sul personaggio di Tsubasa Hanekawa, alla quale era stato dedicato molto spazio nella prima serie e addirittura un film. Ma della gatta conosciamo solo il passato, e poco a poco questo personaggio, nelle vesti di narratore, cerca di dimostrarci che qualunque idea possiamo esserci fatti su di lei, è sbagliata, non verosimile. Poi, ripensando alla mia prima impressione mi sono divertito tantissimo a vedere come queste ragazze si comportano, come sono “veramente“, quando il protagonista che regola e disciplina l’harem è assente… e si scoprono davvero tante cose, dai sentimenti alle abitudini più superflue che potrebbero venire in mente (quante e quali spezie usi?). Perchè nella conduzione disordinata della narrazione, causa l’iniziale presenza di elementi che vengono taciuti nella vicenda in attesa che il Sawari Neko prenda la parola, appare nuovamente chiara la mostruosa capacità di Nisioisin di cambiare la prospettiva con cui racconta la sua storia senza alterare i suoi personaggi, che semplicemente appaiono molto più complessi, e quindi completi. Il tutto scatenato da quell’incontro con una tigre bianca, indubbiamente uno spirito, la cui identità sebbene misteriosa nei primi momenti è indubbiamente collegata a quella del personaggio protagonista dell’arco narrativo di turno. Ed è proprio la tigre, con la sua comparsa, e l’incontro con i vari personaggi che popolano questa serie, a crepare l’impenetrabile difesa che Tsubasa Hanekawa, una ragazzina che conosce solo quello che conosce (quindi niente) ha costruito intorno a se per non essere tangibile, e non toccare nessuno. Non ferire e non essere feriti, non amare e non essere amati… e non usare spezie in cucina.

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Kabukimonogatari (Mayoi Jiang Shi)

Non bisogna farsi ingannare dal fatto che in questo arco compaiano principalmente Koyomi e la vampirella Shinobu (quanto parla, accidenti), protagonista assente della vicenda è la lumaca Hachikuji, uno dei personaggi più azzeccati delle Monogatari. La giovane fantasma, nel suo vagare è apparsa spesso di fronte al protagonista, ma mai era stata così centrale nella vicenda prima di Kabukimonogatari; paradossale, ma affascinante, come si possa dire tanto facendola apparire col contagocce. Credo che non ci sia stato nulla di male nel desiderio del protagonista di aiutare la sua piccola amica, che per certi versi è anche uno dei personaggi più “maturi” della serie, e presentatasi la possibilità non è neppure biasimabile il fatto di aver provato a cambiare la Storia… probabilmente nulla è impossibile per uno degli spiriti più potenti sulla faccia della Terra, Shinobu; ma ciò che mi preoccupa è come tutto questo abbia origine dalla necessità di avere più tempo per finire i compiti estivi. Una storia indubbiamente bizzarra, nei suoi sviluppi inattesi eppure prevedibili: un mondo alterato in modo irreparabile da un cambiamento apparentemente piccolo e ininfluente che ne ha stravolto radicalmente la struttura. Eppure, un mondo che nella sua forma distopica ha molto in comune con quello da cui Koyomi e Shinobu vengono, perchè probabilmente, vuole dirci Nisioisin, alcune cose devono essere simbolicamente sempre fedeli a se stesse. In una storia in cui tutto va al contrario è stato trovato spazio anche per inserire personaggi nuovi senza alcuna presentazione (in qualche modo è successo anche in Nekomonogatari – Shiro) ma è il tipo di particolari su cui preferiscono non perdermi troppo nonostante i riferimenti a cognomi che credevo sarebbero stati dimenticati (parlo di Oshino Ougi), che ci permettono comunque di assistere a riflessioni, inattese, forse campate in aria, inutili o superflue (ma questa è la natura delle Monogatari, no?) che a fine episodio, insieme a quella sensazione di dubbio riguardo a “cosa si è appena visto“, ci fa sentire appesantiti da un sasso dall’indefinita forma, che necessita di essere studiato, perchè è proprio quella discussione che tanto ci pareva fuori luogo. È per questo che non riuscirò più a guardare la luce verde del semaforo nello stesso modo.

Ci vediamo prossimamente con gli altri archi narrativi delle Monogatari, qui su Komixjam. Intanto, eccovi uno dei momenti più belli di questa seconda serie.

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